È bello rientrare  – dopo un mese di Ecuador, la Foresta amazzonica, il giaguaro, il paradiso degli indios assediato dall’inferno dei petrolieri – tra le iene vegetariane della politica italiana: un paesaggio di uomini, donne e cose condannato all’eterno fermo immagine che abolisce il tempo e il buon senso.

Ho lasciato D’Alema che rosicchiava l’ombra di Renzi. Letta che rimandava l’Imu. Napolitano che contabilizzava gli F35. Ritrovo D’Alema, Renzi, Letta, Napolitano esattamente dov’erano.

Ai margini stavano i tristi grillini che litigavano come massaie sulla diaria, gli scontrini, il panino, sempre ossessionati dai loro quattro spiccioli, come se la politica non fosse altro che spiccioli. Li ritrovo che sventolano un finto assegno di soldi veri credendo che la rivoluzione si nutra di minime virtù, e non di ossigeno, di idee, di orizzonti grandi e possibilmente di sorrisi.

Immaginavo che un qualche oblio avesse inghiottito B, gli amici di B, la loro planetaria vergogna di cui anche la Foresta parlava. Ritrovo una Santanchè lucida di lamiere e di intenzioni. Tra tante delusioni, un lampo d’allegria: forse Luca Cordero di Montezemolo, spettinato da Monti, si ributta in politica.

il Fatto Quotidiano, 7 Luglio 2013

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