Telecom rinuncia alle nozze con Hutchison Whampoa (H3G), la società cinese che controlla 3 Italia. Dopo un lungo consiglio di amministrazione è infatti tramontata l’ipotesi di una integrazione fra le due compagnie, appena poche ore dopo la cessione di Mtv a Viacom da parte di Telecom Italia Media.

Il dossier H3g era stato aperto ufficialmente lo scorso aprile, ma poi ha preso il sopravvento la questione dello scorporo della rete, che ha ottenuto il via libera del cda in una seduta lampo a fine maggio. Oggi, invece, i consiglieri di Telecom ci hanno messo oltre 4 ore a prendere atto che, come recita uno scarno comunicato, “allo stato attuale non ci sono gli elementi necessari per avviare un negoziato”. Speculare il giudizio della controparte: “3 Italia – si legge in una nota – è giunta alla conclusione che, allo stato attuale, ulteriori contatti non darebbero la garanzia di portare a una proposta di transazione accettabile dal proprio azionista”.

Alla base della rottura il prezzo da pagare per l’aggregazione. I 2 miliardi di valutazione di 3 Italia indicati da diverse indiscrezioni sono stati respinti al mittente dal management di Telecom, che ha giudicato la cifra improponibile. “Abbiamo preso una decisione”, ha commentato il consigliere Tarak Ben Ammar ostentando un certo sollievo dopo una serie di “riunioni transitorie”.

Non ha gradito la scelta del Cda l’Associazione dei piccoli azionisti di Telecom (Asati), che hanno “preso atto con apprensione”. L’Associazione ribadisce così la necessità dell’ingresso in Telecom di “un nuovo forte socio industriale”. In alternativa la soluzione potrebbe essere “un aumento cospicuo di capitale difficilmente sostenibile ma indispensabile, senza l’adozione di operazioni straordinarie, da parte degli attuali azionisti”.

Diversa la reazione della Borsa, con Telecom in rialzo dell’1,83% a 0,53 euro, che ha guardato però soprattutto alla cessione di Mtv da parte di Ti Media (+18,6% a 0,08 euro), a lungo congelata al rialzo. Il mercato ha scommesso su un possibile ritiro dal listino della società che oramai, abbandonato il business televisivo in perdita, ha al suo attivo soltanto le attività di rete, infrastruttura e multiplex.

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