Più va avanti il processo sulla trattativa Stato-mafia, più l’aspro dibattito esterno assume i toni della rissa. Sullo spinoso processo di Palermo si sono espressi professori, commentatori, giornalisti, politici, pluri condannati e ovviamente anche gli stessi imputati. Hanno eccepito su tutto persino sull’esistenza del reato di trattativa. Ora, a parte il fatto che la maggior parte degli opinionisti di cui sopra non ha la minima idea di cosa sia il processo di Palermo, non ha mai visto neanche per sbaglio un’udienza e nemmeno un verbale di interrogatorio, a decidere se ci fu reato nella trattativa e da chi sarebbe stato commesso sarà un giudice. Dunque proseguire sulla strada del tiro alla fune (simile all’ormai nota litania “Andreotti assolto” quando è risaputo che fu prescritto) è al momento assolutamente inutile.
Che il processo sul patto tra pezzi delle istituzioni e Cosa Nostra sia uno dei più delicati degli ultimi anni lo dimostra lo stesso spiegamento di forze sollecitate ad esprimersi contro il processo stesso. Una cosa però va messa nero su bianco, e demolita a futura memoria: l’alterazione della logica.

Scrive Filippo Facci, su Libero dello scorso anno che, nel libro L’Agenda Rossa di Paolo Borsellino di Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, sia stata manipolata una frase di Agnese Piraino Leto, vedova del giudice assassinato in via d’Amelio. La frase manipolata sarebbe questa: “Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri’‘.

La frase sarebbe stata manipolata perché, secondo l’editorialista di Libero (che ripesca dalla rete un post di un blogger), quella originale è contenuta in un verbale reso alla procura di Caltanissetta dalla signora Borsellino il 18 agosto del 2009. “Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere” sono le parole che Agnese Piraino Leto fa mettere a verbale dai pm nisseni. Una frase chiaramente diversa da quella riportata nel libro di Rizza e Lo Bianco. Facci però è troppo preso da appellare i giornalisti come “spiritati” per accorgersi di un particolare che gli regala sicuramente una figura non troppo edificante: il libro di Rizza e Lo Bianco esce nel giugno del 2007, mentre il verbale della signora Borsellino è di due anni dopo.

La logica propria ad ogni buon alunno di scuola elementare consiglierebbe di porsi la seguente domanda: come si fa a manipolare una frase, se non è stata ancora pronunciata, ma lo sarà soltanto dopo due anni? Non è più probabile che la frase citata dai giornalisti nel libro, sia stata pronunciata dalla signora Borsellino prima dell’uscita del libro, esattamente per come è stata riportata? D’altra parte basterebbe leggerlo il libro in questione per accorgersi che i due cronisti hanno più volte intervistato la vedova del magistrato nella fase preparatoria del saggio, ed è proprio durante una di queste interviste che Agnese Piraino Leto pronuncia esattamente quella frase bollata da Facci come “manipolata”. Ecco basterebbe semplicemente leggerli i libri prima di smontarli. Leggere, prima di scrivere.

P.s Avrei voluto scrivere questo post già un anno fa, ovvero quando Facci scrisse quell’articoletto su Libero. Poi preferii lasciar cadere la cosa. Oggi, alla vigilia del ventunesimo anniversario della strage di via d’Amelio, mi accorgo che il Facci- pensiero è tornato a circolare sul web. E in un’epoca in cui l’indicizzazione di Google conta più di mille ragionamenti logici è opportuno lasciare traccia di una quanto più possibile corretta ricostruzione dei fatti. Possibilmente quelli veri.  

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