Adriano Zaccagnini è il terzo deputato del Movimento 5 Stelle a passare al gruppo misto e il sesto eletto a lasciare le fila dei grillini in Parlamento. Una decisione sofferta da parte di una delle anime più critiche del gruppo. Da sempre in contrasto con la linea dei più fedeli a Beppe Grillo, il deputato ha spesso cercato di spiegare la sua appartenenza al Movimento e la volontà di cambiare le cose dall’interno. Fino ad oggi, quando è arrivata la scelta di abbandonare. “Me ne vado, ma restituirò i soldi”, ha detto Zaccagnini ai giornalisti. “Questa mattina mi e’ arrivato l’Iban ed ho già provveduto a restituire 8.500 euro per due mesi e mezzo. Continuerò a farlo, ma non credo di destinare i fondi all’abbattimento del debito pubblico, un’idea discutibile quando si sta parlando di una rinegoziazione”. 

“Non mi sento più a mio agio, c’è un clima irrespirabile. Non ho più la forza di continuare a combattere da dentro una guerra che non ha senso”, ha affermato Zaccagnini nel suo addio. “Questo non è un partito aziendalista ma un movimento aziendalista in cui la strategia politica è calata dall’alto. D’altronde dopo 20 anni di berlusconismo, non poteva che nascere un Berlusconi 2.0”. 

Prima di lui due espulsioni: Marino Mastrangeli, cacciato dopo le comparsate in televisione e Adele Gambaro, senatrice colpevole di aver criticato su Sky Tg24 il leader e i suoi metodi comunicativi. Senza dimenticare le defezioni di Alessandro Furnari e Vincenza Labriola, deputati della Puglia che hanno deciso di andarsene autonomamente dal gruppo. L’ultima ad abbandonare la squadra era stata la senatrice Paola De Pin. I problemi in casa 5 Stelle continuano e i malumori dei giorni scorsi sembrano riemergere all’improvviso. 

“Nel Movimento si è innescata la competizione – ha continuato Zaccagnini nel lungo comunicato di spiegazione – e il clima è da caccia alle streghe. Non voglio stare in un Movimento che epura, emargina, insulta e caccia persone per le loro opinioni. Ho provato nei giorni scorsi a rivolgere un appello a chi parlava di mele marce, di elementi tossici, contravvenendo a quanto ci eravamo detti in assemblea”, una sorta di consegna del silenzio per placare gli animi. “Ora che hanno capito che sul blog c’è il 50% dell’astensionismo davanti a questi temi, allora cambiano tattica ma non strategia”. Quella adottata, a detta di Zaccagnini, “è la strategia del terrore, al posto della rivoluzione che il Movimento si era intestato”.

In compenso però, non c’è stata nessuna telefonata chiarificatrice con il leader: “Non ho sentito Beppe Grillo”, ha garantito il deputato, “ma il problema non è lui. A lui riconosco il merito del progetto, il problema è lo staff che non ha un approccio politico ma aziendale”. L’eletto si associa alle dichiarazioni della senatrice Paola De Pin che ha abbandonato il gruppo due giorni fa: “Avrei voluto lasciare venerdì scorso, ma mi hanno chiesto di aspettare l’esito delle elezioni amministrative e così ho fatto”. 

L’amarezza più grande è verso lo staff e il vertice del Movimento: “La nomina e il ruolo della Casaleggio associati”, ha concluso Zaccagnini, “non si capisce che regola segua e se ha un termine, una verifica, una sostituzione o eventuale turnazione. In questo modo la democrazia è in pericolo, viene meno il rispetto del diverso da noi, del confronto e della messa in discussione di chi assume ruoli dirigenziali. Non riesco più al lavorare serenamente in un progetto del genere. La rete viene dipinta come un idolo e per gli aderenti M5s rappresenta la verità assoluta, un campione perfetto. Non capisco più se c’è un identità nel M5s, se c’è mai stata essendo aprioristicamente oltre che destra e sinistra, oltre tutto”.

 

 

 

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