I film di Steven Soderbergh, Robert Altman e Sofia Coppola, ma anche gli esordi di Madonna, i documentari di Wim Wenders e i video dei Daft Punk. Queste sono solo alcune delle infinite collaborazioni del direttore della fotografia Ed Lachman, ospite del Biografilm Festival a Bologna come presidente di giuria dei film in concorso, e protagonista di una mostra fotografica – Edward Lachman, Exposure Checksche sempre a Bologna viene ospitata nella galleria ONO Arte Contemporanea fino al 27 giugno.

Trenta scatti dai suoi set cinematografici più celebri per un artista che si è sempre posizionato dietro al mirino della macchina da presa per scegliere modulazione di luce e colore preferita, omogeneità tra narrazione e scelte di regia (altrui). Un lavoro fondamentale quello di Lachman, 65 anni, che inizia la sua carriera nel fermento della fotografia di moda e per le pellicole del cinema americano indipendente degli anni Settanta. La controcultura che voleva sbancare il sistema e che infine l’ha affiancato come controcanto dapprima realista e poi, all’esatto opposto, onirico e iperreale.

Iniziando da un capolavoro come La Soufrière – Waiting for an Inevitable Disaster (1977), dove ancora Werner Herzog è nel pieno della sua follia visionaria e corre a Guadalupe quando sta per eruttare il vulcano dell’isola, fino ad arrivare alla miniserie tv Mildred Pierce dove ritrova l’amico regista Todd Haynes (2011) e alla trilogia del Paradiso (Love, Faith, Hope) dell’austriaco Ulrich Seidl.

In mezzo un florilegio di collaborazioni sempre da direttore della fotografia che paiono senza fine: dal sodalizio con Todd Haynes da cui sono scaturiti il bizzarro I’m not there su Bob Dylan (2007) e il capolavoro melò Lontano dal paradiso (2002). Poi ci sono Altman con Radio America (2006), l’esordio alla regia di Sofia Coppola con Il giardino delle vergini suicide (1999). E ancora il lavoro con Steven Soderbergh per Erin Brockovich (2000) e L’inglese (1999), e ancora indietro: Ore contate di Dennis Hopper (1991) o Mississipi Masala (1991) con un giovanissimo Denzel Washington, Tokyo-Ga (1985) e Nick’s Movie (1980) a cavallo tra gli anni ottanta e novanta del tedesco Wim Wenders.

Tracce cromatiche e lampi chiaroscurali fronte macchina da presa e direttamente dai set si potranno ritrovare in mostra dove la fa da padrone la collaborazione forse più controversa ma esteticamente più azzardata: Ken Park (2002), dove con l’amico Larry Clark ha dato vita ad un film scandalo, grazie ad un’avvolgente scelta fotografica.

Articolo Precedente

Cannes 2013 a Roma, al via la rassegna con Nebraska e A Touch of sin

next
Articolo Successivo

L’uomo d’acciaio: S come… sbadigli

next