La cattedrale bianca ed affacciata su un mare azzurro limpido e quieto, il castello del “tedesco di Puglia” Federico II che sobrio ingoia centinaia di ospiti provenienti da tutta Europa, il Gargano sdraiato all’orizzonte di ponente che sonnecchia nell’attesa di turisti ingordi.

Lo scenario che si presenta a quanti partecipano alla XII edizione de “I Dialoghi di Trani” è tutto improntato sulla bellezza. Belli sono i volti fiduciosi delle decine di giovani volontari che accolgono i partecipanti, belle le organizzatrici tutte al femminile che ostinatamente perseguono nell’organizzazione di una manifestazione culturale tra le più apprezzate e premiate finanche dalla Presidenza della Repubblica. Bella la formula adottata, che si fonda appunto sul dialogo che ritma un tempo che scorre lento senza isterismi e senza rumori. Lucia Perrone Capano, che presiede il comitato delle organizzatrici, esile come un giunco ma con una determinazione d’acciaio, ribadisce che la Cultura è l’unica speranza. Un figlio campioncino di sport ed un marito emigrato 30 anni fa da Bologna a Trani per fondare la prima impresa ecologica su modello emiliano nel profondo sud, insegna all’Università di Salerno ed ogni settimana attraversa questo territorio dall’Adriatico al Tirreno. “Non abbiamo altra scelta” mi dice, “la cultura soltanto ci potrà fare uscire da un’Europa economica a responsabilità limitata all’Europa Politica dei Popoli”.

Lo stesso ragionamento mi conferma Eric Jozsef inviato di Libération che aggiunge: il paradosso è che oggi l’Europa è al tempo stesso polo di grande attrazione ed elemento di divisione; i media, sembra non stiano capendo nulla di quello che accade e probabilmente non sono attrezzati per comprendere le novità derivanti da una percezione e comunicazione della realtà che non ha più la necessità degli intermediari. I giovani organizzatori si muovono nel castello come guerrieri medioevali che preparano la difesa dall’assedio dei visitatori, corrono dappertutto trasportando sedie, libri e dépliant. Trani per quattro giorni diventa l’Europa e mostra in tutta la sua bellezza che il declino non è scontato. Il sindaco quarantenne, Gigi Riserbato, ringrazia le organizzatrici e si mostra fiero di una città che oggi appare il simbolo della controffensiva fondata sulla bellezza e sul dialogo contro l’inferno del declino ed i rumori del populismo più devastante. Sul lungomare frotte di persone fanno jogging scortate da mare e palme ed una larga pista ciclabile pullula di famiglie in bici tanto da far apparire questo scorcio d’Italia simile alla California; accanto a loro operai raschiano dalla ruggine le ringhiere per ridipingerle. Sono uomini in arancione e giallo fosforescente assunti dalle cooperative finanziate dal Comune per  lavori di pubblica utilità. Li vedi dappertutto, a ripulire caditoie, a coprire le buche per strada, a rimettere i mattoni in piazze a curare aiuole e verde, perfino a ripulire la Statua di Giovanni Bovio nel centro cittadino. Lavoro, lavoro e lavoro. Trani dimostra che è l’unica strada. Sembra di essere nell’America dopo il New Deal.

Cultura e lavoro come simboli della vita che non vuol mollare. Con Thierry Vissol consigliere della Commissione europea in Italia, ospite de “I Dialoghi” riflettiamo sul ritardo delle strutture nazionali nel capire il Grande viaggio dell’Europa. Oggi assistiamo a migliaia di giovani che vanno verso il Nord Europa; contemporaneamente decine di miliardi inutilizzati tornano indietro a Bruxelles perché in Italia non si è stati capaci di fare progetti e di utilizzare questi fondi; con questi fondi potremmo tenere a casa i nostri giovani, innovando e facendo crescere il Paese. A ben guardare questa manifestazione culturale è finanziata dai Fondi strutturali europei, e lo stesso welfare che i Comuni assicurano in parte viene da questi fondi; l’Europa oggi assicura il 50 % del welfare mondiale, fatto di assistenza alla scuola pubblica, alla sanità pubblica, agli interventi sociali. Ma forse nessuno lo comprende, perché è più semplice rumoreggiare sull’euro come capro espiatorio che dedicarsi alla lenta marcia verso l’Europa Politica dei Popoli. 

I media non ne parlano mai. Trani, non è Roma, dove la Grande Bellezza è quella raccontata da Sorrentino: Trani è la metafora del piccolo e fragile cuneo che può sollevare il nostro tempo. Lo dimostrano gli allestimenti dei giovani architetti che  per I Dialoghi hanno creato  piazza istallazioni di rigenerazione urbana,  raccontano poeticamente e plasticamente il futuro: il primo mostra la fragilità del sistema universale con cavi sottili e che reggono i pianeti del sistema solare, il secondo mostra la pietra con blocchi maestosi ed eterni, il terzo colorato e leggero il riuso della plastica per creare la bellezza estetica.  Domani arriva a dialogare Barca “il compagno del buon senso”, Paolo Flores D’Arcais ed altri ospiti. Ma la Trani dei dialoghi sembra l’isola attorno alla quale la politica rumoreggia inutilmente sullo sfondo (nei paesi vicini ci sono i ballottaggi) ma che dalla politica si tiene distante q.b.. E’ l’isola dove si sperimentano i percorsi possibili di rinascita. Lucia sussurra: perché non proporre Trani Città capitale europea della cultura, come Matera! Certamente con i Dialoghi la Città si afferma come la Città del Libro. Sul bar del lungomare sotto un sole che abbaglia, il ricordo del racconto di Concita De Gregorio di fine serata, (Taranto non è poi così lontana) ci riporta con i piedi per terra. Il mio amico turista tedesco si imbratta con la crema bollente all’amarena, di un cornetto, mi guarda felice dicendomi: è come la vita…scotta ed è complicata, ma è bellissima.

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