Sono bastate due inchieste giornalistiche – una del Sunday Times di Murdoch e una della Bbc – per far scoppiare un nuovo scandalo nella Camera dei Lord, la Camera alta del parlamento britannico, dove due lord sono stati sospesi per una vicenda relativa al potere delle lobby all’interno di Westminster, mentre un terzo si è dimesso di sua spontanea volontà. L’accusa della stampa del Regno Unito? Aver accettato decine di migliaia di sterline, in un caso anche sopra le 100mila, in cambio di favori in sede di discussione di nuove leggi e di pressioni sul governo guidato da David Cameron. I laburisti Lord Cunningham e Lord Mackenzie sono stati sospesi dal partito, quindi non potranno avere al momento ruoli ufficiali nella camera, mentre il terzo, l’unionista nordirlandese Lord Laird si è dimesso spinto dalle pressioni provenienti da stampa, elettorato e società civile.

I tre, chiaramente, negano ogni coinvolgimento nella vicenda, chiedono l’intervento dell’ente che garantisce la libertà dei parlamentari britannici, dicono di essere stati coinvolti in una trappola e promettono azioni legali. Nel caso del Sunday Times, infatti, giornalisti della squadra di Rupert Murdoch hanno fatto ricorso a identità nascoste, fingendosi facoltosi imprenditori in cerca di favori. Una pratica non proprio etica, ma tollerata nel Regno Unito, Paese dove la stampa è un po’ più libera rispetto a tante altre parti del mondo.

La Camera dei Lord è ancora la più elitaria nello scenario politico britannico. In passato la totalità dei suoi appartenenti riceveva la carica in eredità, ma in seguito a riforme di 60 e 20 anni fa, il numero degli “eredi legittimi” è stato notevolmente ridotto. Ad oggi, degli 826 lord, 92 sono ereditari, mentre 709 sono membri a vita (ma che non possono passare l’incarico ai figli). Nell’aula di Westminster, che riunisce Camera bassa e alta, siedono anche vescovi della Chiesa anglicana e rappresentanti religiosi e il prestigio dell’istituzione è ancora alto fra la popolazione e raramente è toccato da scandali. Ma questa volta, la vicenda del lobbismo in parlamento pare essere dirompente, se anche il primo ministro David Cameron è arrivato a promettere nuove leggi. Il leader conservatore, già nel 2010, aveva detto che “il parlamento britannico è opaco” e che “lo scandalo delle lobby sarà il prossimo a colpire la politica del Regno Unito”.

Eppure, dal 2010 a oggi, nulla è stato fatto, e anche il recente Queen’s Speech di maggio, in cui il governo delinea le linee programmatiche per l’anno successivo, non riportava menzione del problema del lobbismo. Secondo le accuse, Lord Cunningham avrebbe chiesto 144mila sterline a una finta azienda energetica sud coreana, che gli chiedeva di essere “rappresentante” per gli interessi della compagnia all’interno di Westminster. Il lord dice di essersi reso subito conto che qualcosa non andava, informando subito l’istituzione. E dice di aver portato avanti l’incontro con il finto imprenditore per metterlo alla prova. “Io ho detto al finto rappresentante, che in realtà era un giornalista, di essere sempre stato rispettoso delle regole. Questo nell’articolo del Sunday Times non è stato riportato”.

Anche gli altri due lord sono stati coinvolti in scandali simili e uno è stato accusato di aver chiesto soldi per organizzare degli eventi in parlamento. Ora, nelle intenzioni del governo, rendere più trasparente l’attività di supporto “sottobanco” non sarà mai vietata, ma ogni parlamentare dovrà dichiarare chi aiuterà e quali benefici ne avrà e sanzionare in caso di malaffare il deputato. Ad esempio, rendendogli più difficile una ricandidatura. Al momento le regole interne alla Camera dei Lord vietano di approfittare della propria posizione istituzionale e politica per trarre profitto. Ma la questione è di difficile soluzione, essendo quella del lobbismo una pratica molto tollerata nel contesto britannico e in altri Paesi di lingua inglese, come gli Stati Uniti.

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