Una dimenticanza. E’ il motivo che ha portato alla morte di un bambino di 2 anni a Piacenza. Il piccolo è stato trovato senza vita nell’auto del padre, parcheggiata in via Bresciani. Secondo i carabinieri è stato proprio l’uomo a lasciarlo solo, recandosi poi al lavoro. Il bimbo, secondo le prime ipotesi, sarebbe morto a causa del caldo e della lunga permanenza all’interno della vettura.

Secondo la ricostruzione dei militari dell’Arma il padre, che è stato indagato per omicidio colposo, è arrivato nella zona della Caorsana verso le 8. Avrebbe dovuto lasciare il piccolo all’asilo aziendale. Invece ha parcheggiato ed è andato a lavorare, lasciando il figlio nel seggiolino sul sedile posteriore della vettura parcheggiata, una Citroen. L’allarme è partito dal nonno del piccolo che si era recato per riprenderlo all’asilo. Alla richiesta dell’anziano alle maestre di ritirare il nipote, però, la scoperta che non era mai arrivato.

Avvisato il padre, intorno alle 17, è stato lui stesso ad essersi ricordato di aver lasciato il figlio in auto e si è precipitato, accompagnato dai colleghi, per cercare di salvare il figlio. Con alcune bottigliette d’acqua hanno cercato di idratarlo, ma non c’è stato nulla da fare. Poi l’intervento dei sanitari del 118 che hanno tentato di rianimarlo sul posto, ma inutilmente. Entrambi i genitori, italiani, in stato di choc, sono ricoverati in ospedale. Sono in stato confusionale tanto che non è stato possibile procedere con l’interrogatorio perché sotto sedativi.

Non è la prima volta cha la morte del figlio avviene per la mano inconsapevole di un genitore. Nel luglio del 1998 a Catania un ingegnere, 37 anni, parte da casa verso le 8 di mattina con il figlio più piccolo (ha altri due gemelli di quattro anni) legato sul seggiolino per bambini nel sedile posteriore. Lo deve lasciare all’asilo per poi andare al lavoro. Andrea, due anni, si addormenta e il padre si dimentica di lui, invece di lasciarlo a scuola tira dritto e parcheggia l’auto davanti allo stabilimento dell’azienda in cui lavora. La moglie, avvocato, verso le 14 chiama il marito che, solo a quel punto, si rende conto di ciò che ha fatto. Corre all’auto, che nel frattempo è diventata la tomba rovente di Andrea, morto ustionato e asfissiato.

Il 30 maggio del 2008 a Merate (Lecco) la piccola Maria compie due anni. La mamma, un’insegnate, deve andare al lavoro, la festa è rimandata alla sera quando con il marito, astronomo, e gli altri due figli si ritroveranno a casa. La donna parte in auto con la bimba per portarla a casa della baby sitter. Invece arriva direttamente a scuola e lascia Maria in auto. Quando alle 13 la baby sitter chiama la donna per sapere come mai non le è stata portata Maria la madre si rende conto che la bimba è rimasta in auto e la trova agonizzante. Morirà poco dopo.

E’ il 23 maggio del 2011 e la scena si ripete, questa volta a Teramo. Il padre di Elena, 22 mesi, docente universitario alla facoltà di veterinaria invece di portare la figlia all’asilo la dimentica in auto. La ritrova alle 13 già senza conoscenza, la bambina morirà dopo tre giorni di coma in terapia intensiva. La donazione dei suoi organi ha aiutato a vivere altri tre bambini.

Il 28 maggio del 2011, solo cinque giorni dopo Elena, a Passignano sul Trasimeno (Perugia), con le stesse modalità, trova la morte Jacopo, 11 mesi. La mamma fa la psicologa nella scuola dove c’è anche il nido che tutti i giorni accoglie Jacopo. Quella mattina è il padre però a dover portare il bimbo a scuola, ma lo dimentica in auto e lì dopo alcune ore lo ritrova morto asfissiato.

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