Beppe Grillo arrabbiato, grillini disorientati, elettori in fuga.

Articolo originale: di Philippe Ridet apparso su Le Monde

Traduzione: di Nadia Cazzaniga e Claudia Marruccelli per www.ItaliaDallEstero.info

In fondo, tutto ciò è molto triste. Anche se non ci facevamo particolari illusioni sulle possibilità del Movimento 5 Stelle di cambiare l’Italia, non ci dispiaceva che portasse un po’ d’aria fresca nell’atmosfera un filino fetida della politica: 163 parlamentari e 8,5 milioni di voti nelle urne di febbraio valevano qualche speranza, un po’ di ottimismo, anche forzato. Beppe Grillo ci ha irritati (spesso), fatti arrabbiare, sedotti (a volte), raramente lasciati indifferenti.

Ma questa volta sta diventando insopportabile…Dopo la batosta del M5S al primo turno delle amministrative del 26 e 27 maggio (in un contesto, va detto, di forte astensione che tocca tutti i partiti), Beppe Grillo non sa più contro chi rivolgere la sua rabbia. Gli elettori? I suoi eletti? Tutti ricevono violenti rimproveri. Tranne per lui. I primi sono accusati di aver votato con i piedi (o con la pancia); i secondi, di volerlo tradire preparando degli accordi con il Partito Democratico. “Se ne vadano!” tuona lui “Ne resterà soltanto uno….”.

Il suo blog è diventato il barometro del suo umore. In questi giorni, l’ago segna “tempesta e forti venti”. Persino Stefano Rodotà, lo stimato professore di diritto che Grillo voleva portare alla presidenza della Repubblica, è accusato di essere un “ottuagenario miracolato da internet. La sua colpa? Aver spiegato che i parlamentari del Movimento dovevano avere libero arbitrio.

Tre mesi dopo la loro entrata trionfale in Parlamento, i deputati e i senatori del M5S sono un esercito allo sbando. Impreparati, sorpresi dal loro successo, inesperti, discutono su qualsiasi cosa: i loro rimborsi spese, la loro linea politica, i rapporti con i media. Ore di discussioni sterili e spossanti che hanno rinunciato da tempo a trasmettere in streaming. Così, non ci si rende neanche conto che alcuni degli eletti lavorano e, in certi casi, piuttosto bene.

Con i nervi a pezzi e il morale a terra, i presidenti dei due gruppi si apprestano a passare il testimone, come vuole la regola dopo tre mesi. In una e-mail inviata mercoledì 29 maggio alle sue truppe, Roberta Lombardi, portavoce dei deputati, se la prende con lo “stronzo” che ha tradito la privacy della loro corrispondenza interna: “Chiunque tu sia, sei una merda!”.  Abbiamo letto degli “addii” più strazianti. Il messaggio di posta elettronica finiva qualche ora dopo sui giornali.

Il M5S è già sul punto di esplodere, lacerato tra i convinti sostenitori di Beppe Grillo e quelli che vogliono affrancarsi dal loro collerico guru. Che ci siano voluti neanche cento giorni per arrivare a questo punto dà da pensare. Di chi è la colpa? Dei partiti tradizionali che si sono messi d’accordo per espellere questo “corpo estraneo” mettendo in piedi un governo di coalizione che può fare a meno del voto dei grillini? Di Grillo stesso che ha rifiutato le mani che gli venivano tese? Dei media che si interessano più alle loro divisioni che alle loro proposte, come sostengono Grillo e i suoi fedeli?

Settimana scorsa, Nicola Biondo, responsabile della comunicazione del M5S alla Camera, ci confidava: “Se nessuno parla della nostra attività legislativa, è perché la stampa, finanziata in gran parte dallo Stato, non si interessa fino in fondo. Ci assale. Si appassiona solo alle nostre presunte divisioni. Ci presenta come degli idioti impreparati. I giornalisti preferiscono prendere un caffè con un eletto piuttosto che esaminare e valutare le nostre proposte“.

Che ci sia permesso di dire che, in tutti i Paesi (in Francia, per esempio), la stampa fa la posta ai treni che arrivano in ritardo, più che a quelli che arrivano in orario. Una frase fa più rumore di un lungo dossier tecnico. È la regola del gioco. Noi lo sappiamo per esperienza… Ma non è mai successo che un giornalista sia riuscito a far implodere un movimento politico portando alla luce le sue tensioni interne. Si sarebbe venuto a sapere.

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