Il copione è sempre lo stesso: una persona incappucciata si presenta da sola nella notte, lancia della benzina contro il portone del municipio, appicca il fuoco con un accendino e si dà alla fuga. Un nuovo attentato incendiario in meno di una settimana scuote Faenza, città di poco meno di 60 mila abitanti in provincia di Ravenna, dove tra sabato e domenica qualcuno ha tentato di dare alle fiamme l’ingresso degli uffici comunali in piazza Nenni. La scena, ripresa dalle telecamere di sorveglianza, è praticamente identica a quella di alcuni giorni prima e per questo ha fatto scattare l’allarme nel centro storico, ora presidiato 24 ore su 24 dai carabinieri.

Anche in questo caso le fiamme si sono esaurite nel giro di pochi minuti e non hanno creato grossi danni all’edificio. La preoccupazione però rimane. Soprattutto per la vicinanza dei due episodi. La priorità ora è capire se dietro gli atti intimidatori si nasconda la stessa persona e soprattutto se l’attentato abbia una matrice politica o vada ricondotto a un gesto isolato, di un vandalo o di uno squilibrato. Va poi chiarito se esiste un legame con una terza vicenda: l’attacco a Claudio Casadio, presidente Pd della provincia di Ravenna ed ex sindaco di Faenza. L’attentato a Casadio risale alla notte tra giovedì 23 e venerdì 24 maggio, quando alcune persone hanno lanciato tre molotov contro la porta della sua abitazione e dato fuoco all’auto della moglie. 

Un collegamento da escludere secondo l’attuale sindaco di Faenza, Giovanni Malpezzi, dirigente bancario, eletto con la bandiera del Pd nel 2010. “Contro Casadio hanno agito più persone, in gruppo, mentre gli attentati incendiari di queste ultime notti sono opera di una singola persona, che si è mossa da sola, senza complici”, ha spiegato Malpezzi, contattato dal fattoquotidiano.it. “Per questo credo che non vadano messi in relazione tra loro. Quello dell’altra notte, più che un’azione politica mi sembra il gesto di una persona con problemi, forse uno squilibrato”. 

Un aiuto decisivo per identificare l’autore potrebbe arrivare dai filmati ripresi dalle telecamere a circuito chiuso, in questo momento nelle mani degli inquirenti. “Non sono arrabbiato per il danno economico, ma per lo stato di paura in cui ora è costretta a vivere la città. Il centro è militarizzato, con cinque pattuglie dei carabinieri a presidiare il municipio. Di certo questo ha delle conseguenze sulla città”. Ascoltato dalla magistratura come persona informata sui fatti, Malpezzi preferisce non leggere l’episodio come un attacco personale, ma come un gesto di protesta, forse dettato anche dalla crisi. “Sono tranquillo, non ho problemi con qualcuno in particolare. Penso non sia stato un attacco a me, ma all’istituzione che rappresento. Del resto, in un momento come questo, il comune è costretto a prendere decisioni impopolari, che in qualcuno possono scatenare reazioni sbagliate”.

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