La storia del mondo si può presumibilmente raccontare mediante la distribuzione di potere fra le tre categorie fondamentali in cui si concentra quella parte di umanità che ha fatto e fa la storia.

Quella dei guerrieri è probabilmente la prima in senso cronologico. Dentro di essa trovano posto individui che vivono il rapporto con il mondo secondo un principio di assoluto realismo: vale a dire che non è mai un loro obiettivo quello di cambiarlo mentre in genere hanno come obiettivo quello di dominarlo, controllarlo, fagocitarlo. Soltanto nell’era contemporanea la classe dei guerrieri è stata declassata al rango di guardiano, assegnando loro il compito di “difendere”. Salvo l’imbarazzante paradosso che se tutti i guerrieri del mondo difendono qualcuno, non si capisce più chi aggredisce, chi attacca, chi conquista. La nozione è di certo più a suo agio in un contesto di significato che ripropone l’ambito della caccia, di cui l’uomo arcaico si nutriva.

La classe dei mercanti è quella intermedia: vuole cambiare il mondo, non perché abbia un progetto di miglioramento globale ma solo perché le è congeniale adattarlo e trasformarlo per la soddisfazione dei suoi bisogni. Che sono fondamentalmente quelli di accumulare potere attraverso la ricchezza, il controllo politico, l’egemonia culturale. Una categoria cui in genere non si addice l’attribuzione del carattere di lealtà.

La classe dei poeti, infine, è quella che raccoglie tutti coloro i quali il mondo desiderano cambiarlo, per renderlo più umano (i poeti in senso stretto), o più comprensibile (gli scienziati e i filosofi), o più godibile (gli artisti). E’ una classe dai confini più sfumati, che può comprendere persino individui pervasi da una tensione mistica o, in alternativa, rivoluzionaria: avete capito che stiamo parlando dei santi e dei grandi politici (quelli veramente grandi).

Il Novecento è stato l’ultimo secolo in cui i guerrieri hanno provato a conquistare l’egemonia. Senza riuscirci. Ciò che probabilmente gli manca è la piena consapevolezza dell’estrema aleatorietà del potere della forza (che è l’unico che maneggiano con familiarità): oggi a te, domani a me. Lo stesso Hitler, che non aveva certo il phisique du role del grande condottiero, a un certo punto deve essersi reso conto che così come la guerra l’avrebbe potuta vincere, poteva placidamente andare a perderla (il placidamente si riferisce al tempo che occore in genere ai dittatori per mollare l’osso, non certo alle distruzione e alle catastrofi che procurano…..).

I mercanti, che sono sempre stati un poco dietro, sostanziali mandanti per tutte le scorribande dell’umanità, hanno definitivamente conquistato non solo l’egemonia nel mondo ma – cosa anche più esecrabile – nel linguaggio: così che l’intera umanità pensa e agisce secondo gli schemi di una razionalità che è quella del valore monetario e di una relazione che è quella dello scambio fra merce e  denaro.

I poeti arrancano, molto staccati, cercando di preservare l’unico valore che gli è proprio (anche se non sempre): l’autonomia e la libertà di pensare, sentire, disegnare, sognare il mondo.

O almeno quello che gli rimane tolte le guerre e le crisi finanziarie.

Sandro Vero

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