L’orribile feminicidio di Corigliano Calabro ha suscitato una comprensibile mole di commenti, molti dei quali centrati sul suo rapporto con la cultura maschilista ancora fortemente presente in Italia. Pochi, mi pare, hanno sentito il desiderio di consultare gli studi scientifici e sociologici disponibili; o almeno pochi li hanno citati. Gli studi in materia sono invece numerosissimi ed esiste persino un giornale scientifico interamente dedicato a questo problema; nonostante questo, o forse proprio per questo, trovare i dati di rilievo è difficile, perché sono sepolti in un numero enorme di pubblicazioni. Che la cultura maschilista sia ampiamente diffusa nel paese è evidente, basta pensare alle nostre consuetudini di tutti i giorni. Ad esempio noi riteniamo normale che la donna sia condotta al matrimonio dal padre che la consegna allo sposo: che debba cioè essere “consegnata da un uomo ad un altro uomo. Meno evidente è il peso di questa cultura nel determinismo dei fatti di sangue rispetto agli altri fattori sociologici e psicologici quali la povertà, l’etilismo, i tratti caratteriali violenti, fino alla personalità psicopatica, o la gelosia, che è sentimento prima che cultura.

In una delle mailing list alle quali sono abbonato ho trovato il link a uno studio su questo argomento e ho fatto una piccola ricerca. Purtroppo non tutti gli studi che citerò sono accessibili gratuitamente. Un buono studio dal quale partire è quello della Divisione di statistica delle Nazioni unite. Questo studio pone gli aspetti culturali tra le proprie premesse, ma è soprattutto interessante per le tabelle statistiche che riporta, dalle quali emerge chiaramente che la correlazione tra violenza sulle donne e reddito pro-capite è molto forte se si confrontano i paesi più ricchi con quelli più poveri del mondo, debole se si confrontano paesi relativamente ricchi: ad esempio la Germania e la Danimarca hanno tassi alquanto elevati, superiori non solo a quelli di Italia e Francia, ma anche delle Filippine. Interessante è anche il dato sulla violenza sulle donne commessa dal loro partner: la frequenza in Italia supera quella della Danimarca ma è inferiore a quella della Germania; è molto elevata nei paesi più poveri, sebbene con varie eccezioni.

Se ci si limita agli studi su singoli paesi e si eliminano quindi le grandi disparità culturali e di affidabilità dei dati che derivano dal confronto di statistiche di paesi diversi, si isola la (prevedibile) correlazione positiva tra violenza sulle donne, povertà e alcolismo (si veda ad esempio questo studio sulla rivista Lancet), nonché una correlazione negativa tra scolarità e violenza. Si trovano però anche dati alquanto sorprendenti: ad esempio alcuni studi riportano che gli sportivi maschi di alto livello sono più inclini dei maschi “normali” alla violenza contro le donne. E’ possibile che questo fenomeno sia collegato all’uso illecito di steroidi anabolizzanti. Viene alla mente la recente uccisione di Reeva Steenkamp da parte del suo compagno, Oscar Pistorius.

La cultura maschilista del nostro paese è certamente un fastidioso retaggio del passato, del quale dovremmo cercare di liberarci: ad esempio dovremmo sentirci offesi, anziché divertiti, delle avventure del nostro ex, e speriamo non futuro, premier Silvio Berlusconi. La violenza contro le donne però, come tutti i drammi sociali, riflette un intreccio di motivazioni causali, alcune sociali, altre legate alle singole persone dei colpevoli, e la nostra cultura è solo una tra queste. La povertà, l’alcolismo, la droga, la sofferenza psichiatrica, la bassa scolarità sono fattori almeno altrettanto importanti.

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