Ophelia. Come una delle più affascinanti eroine della letteratura mondiale. Annarita Zambrano ha evocato Shakespeare per intitolare il suo piccolo grande gioiello, in corsa tra i cortometraggi a Cannes 2013. Tra poco sapremo se la regista romana residente da anni a Parigi ha fatto breccia nel cuore della Presidente di Giuria, la cineasta australiana Jane Campion, la prima donna a vincere la Palma d’oro.

Correva l’anno 1993 e a trionfare sulla Croisette era Lezioni di piano. Nata nel 1972, Zambrano ha realizzato un documentario e non pochi corti, diversi passati a prominenti cine festival internazionali, che includono la Mostra di Venezia e la Berlinale. Ma venire a Cannes al concorso ufficiale era il suo grande sogno. Realizzato e meritato. Con Ophelia sfida 8 altre opere, filtrate nella stretta selezione della più importante vetrina mondiale di cinema.

Difficile raccontare la “trama” di un film che si offre sul grande schermo come un incanto, sia per ambientazione e interpretazione. I protagonisti sono due bimbi di 9 e 12 anni che giocano e corrono tra i boschi e un litorale marino. Lì si recano a trovare Ophelia, candida più di loro, eterna nel suo stato di vita ormai diversa. I due fanciulli non hanno consapevolezze, ma sentimenti. Per questo si fanno letteralmente carico del corpo inerme della ragazza per assicurarle pace e protezione lontano dal mondo. Perché per loro Ophelia non è di questo mondo.

Il film è dedicato a una persona di nome Céline. Non sappiamo chi sia, ma è Annarita a rivelare che “Ophelia nasce quando Céline è morta. Era giovane, bella e meritava amore. È morta ma è ancora viva per me”.  

Dopo Cannes, il cortometraggio di Zambrano sarà alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro (24-30 giugno).

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