Da alcuni giorni sta circolando in rete il video di un intervento in Parlamento di Carlo Sibilia, deputato del Movimento 5 Stelle, che rivolgendosi al Presidente del Consiglio Letta si lancia in un invettiva su banche, Bce, signoraggio, Club di Bilderberg e quant’altro.

La cosa ha suscitato un discreto clamore mediatico e attratto l’attenzione di numerosi commentatori, generalmente critici. Si veda ad esempio questa intervista a Mario Seminerio o questo articolo di Nicolò Cavalli. In effetti, l’intervento di Sibilia è confuso, pasticciato, un grosso calderone in cui è difficile distinguere le singole argomentazioni.

Mi astengo qui dall’analizzare l’intervento nella sua interezza; il punto di questo post non è quello di entrare nel dibattito sulla natura pubblica o privata delle Banche Centrali, né commentare la presunta “schiavitù” degli stati nazionali. Ritengo però sia utile soffermarci, in un dibattito alquanto confuso, su uno dei punti sollevati, ovvero il “signoraggio” e il ruolo delle banche nella creazione di moneta.

Nel suo intervento il deputato Sibilia afferma: «Ha mai sentito parlare di signoraggio bancario Signor Letta? (..) Gli istituti privati stampano moneta cedendola in prestito e richiedendone restituzione con interesse per creare questa spirale di stritolamento che si chiama debito.»

Facciamo chiarezza. Con signoraggio – termine tecnico, ma effettivamente orribile e dal suono cospirazionista – si intende la capacità di chi emette moneta (diciamo la Banca Centrale Europea) di assegnarle un valore nominale più alto del suo valore intrinseco. Vale a dire che produrre una banconota da 100 euro non costa 100 euro, ma molto meno: la differenza rappresenta il reddito da signoraggio.

Molti commentatori si sono infatti concentrati su questa definizione. Ma Sibilia non sembra riferirsi alla stessa, dato che parla di «istituti privati» che «stampano moneta». Di cosa parla allora? La cosa più probabile è che si riferisca al cosidetto “signoraggio secondario”, ovvero la facoltá delle banche private di creare moneta.

Complottismo? Per niente, è sostanzialmente vero e più che legittimo. I concetti basilari da afferrare sulla creazione di moneta da parte delle banche sono due:

Primo: il credito è moneta. Specialmente nelle economie moderne, capita ben poche volte di vedere qualcuno acquistare una casa con una valigetta di banconote. Ciò che circola è piuttosto credito bancario che viene utilizzato comunemente per acquistare beni e servizi, pagare i dipendenti della propria azienda, comprare macchinari e via dicendo. I pagamenti si realizzano cioè sotto forma di scrittura contabile, passaggi da un deposito bancario ad un altro. In altre parole, il credito è moneta.

Secondo: il credito bancario è creato dalle banche private. Le banche non stampano banconote (in questo senso Sibilia sbaglia quando afferma che «gli istituti privati stampano moneta»). Le banconote – così come le riserve, che insieme al denaro contante costituisce la “base monetaria” – sono create dalle Banche Centrali. Ma la base monetaria non è che una piccola parte della moneta aggregata che caratterizzano un’economia (l’offerta M3 nell’Unione Europea). Il resto dell’offerta di moneta – grande parte di essa – è creato dalle banche private nel momento in cui concedono prestiti.

Facciamo un esempio. Supponiamo che io vada in banca a chiedere un prestito, e la banca me lo conceda (merce rara di questi tempi!). Quello che succede è che la banca espande entrambi i nostri stati patrimoniali. Io avrò un deposito (nell’attivo) e un debito verso la banca (nel passivo). In modo simile ma opposto, la banca avrà un credito nei miei confronti (nell’attivo) e un deposito messo a mia disposizione (nel passivo). Io utilizzerò poi quel deposito immettendo il credito in circolazione nel sistema economico.

Il fatto che il sistema bancario privato sia in grado di creare moneta è un concetto spesso molto arduo da afferrare anche per gli economisti di professione, ma ben chiaro ai funzionari delle Banche Centrali, come testimoniato per esempio da questo lavoro della Bank of England (p.377): «Il ruolo di gran lunga più importante nel creare moneta aggregata è giocato dal settore bancario (..) Quando le banche concedono prestiti creano depositi aggiuntivi per chi ha preso in prestito»

C’è poi un terzo concetto, più discusso ma che non abbiamo spazio per analizzare qui, relativo all’autonomia – o meno – delle banche private di creare questa moneta. Ovvero: sono le banche centrali a gestire la massa di moneta aggregata attraverso la base monetaria (teoria del moltiplicatore), oppure le banche private decidono autonomamente se e quanto credito concedere (moneta endogena)? Il dibattito è aperto.

Non voglio trarre conclusioni sulla opportunità di concedere ad istituti privati l’importante funzione di creare moneta. Se da una parte la creazione sfrenata di credito è stata, specialmente negli Stati Uniti, alle radici della crisi finanziaria, dall’altra la disponibilità di credito bancario costituisce quella linfa vitale di liquidità che ha permesso alle economie moderne di svilupparsi.

Che le banche creino moneta insomma non è necessariamente un problema, soprattutto se il processo è tenuto sott’occhio da autorità pubbliche. Ma cio che è fondamentale è che questo processo sia chiaro a tutti in modo esplicito, che la conoscenza al riguardo sia diffusa, così da poter effettuare scelte informate, e riuscire a distingure le questioni serie dalla confusione (dal sapore vagamente complottista) di altre argomentazioni.

Emanuele Campiglio

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