Non siamo ai livelli dei tesori di Poggiolini nascosti nel pouf in salotto, ma gli ultimi sviluppi sull’inchiesta per concussione contro tre funzionari dell’Acer di Ferrara fanno già gridare allo scandalo. Lingotti d’oro, vasche idromassaggio, favori di ogni tipo. A questo erano sottoposte le ditte che si rivolgevano alla porta sbagliata.

Ruggero Sinigaglia, Salvatore Di Salvatore e Luca Rivelli, uno dei quali addetto al servizio progettazione e sviluppo e gli altri due al servizio manutenzione e recupero dell’Azienda Casa Emilia Romagna, erano finiti in manette due settimane fa in seguito agli sviluppi di un’indagine nata dalla denuncia di un imprenditore. Secondo le accuse i tre funzionari, finiti ai domiciliari, dal 2007 al 2012 hanno chiesto tangenti fino al 10% del valore dei lavori, per non ostacolare indebitamente l’attività di alcune imprese subappaltatrici.

Tutto era partito da una verifica fiscale eseguita dalle fiamme gialle nei confronti di un subappaltatore Acer, nel corso della quale erano emerse irregolarità tali da far presagire la creazione di fondi neri. A quel punto, come spiegato dal sostituto procuratore titolare del fascicolo, Patrizia Castaldini, l’imprenditore “ha reso dichiarazioni spontanee accusatorie che hanno trovato riscontro nelle successive indagini”, condotte tecnicamente sui conti bancari e attraverso audizioni di testimoni”. Ma ad incastrare i tre funzionari è stato la stessa vittima dei ricatti, grazie a registrazioni video con telecamere nascoste effettuate nei momenti della consegna del denaro.

Il subappaltatore – un imprenditore del Ferrarese (ma il quadro concussivo sarebbe più vasto) – ha raccontato ai finanzieri di essere stato costretto dal 2007 al 2012 a consegnare periodicamente somme di denaro richieste, in contanti, in alcuni casi per non subire contestazioni pretestuose dei lavori con evidente danno, in altri per non essere escluso dall’affidamento diretto dei lavori, mentre in altri casi ancora i funzionari chiedevano di affidare a ditte indicate da loro stessi lavori e prestazioni che le imprese affidatarie avrebbero potuto svolgere in proprio.

E così ecco una prima mazzetta nel 2007 da 13mila euro. Poi altre 15 da 1.000 a 1.500 euro consegnate in varie occasioni, fino al settembre 2012. Un paio di volte ha cercato di opporsi al “sistema”, sospendendo i pagamenti, anche per difficoltà economiche, e avrebbe trovato ogni volta un funzionario pronto a ostacolare l’attività con contestazione dei lavori, oppure prospettando un mancato riconoscimento di somme in contabilità sui lavori stessi, costringendolo di fatto a riprendere i versamenti delle mazzette.

Le indagini della Finanza stanno proseguendo per verificare quanti siano gli imprenditori rimasti vittima dei funzionari Acer, ognuno dei quali pare agisse in maniera indipendente l’uno dall’altro. E tra i nuovi ‘reperti’ ora in mano agli inquirenti sono sbucati anche tre lingotti d’oro, per un valore di oltre 100 mila euro. In casa di Sinigaglia c’era un lingotto da un chilo nascosto nella parte inferiore di un mobile della cucina e più di 6.000 euro in contanti all’interno di una presa elettrica. Gli altri due lingotti d’oro, anch’essi del peso di un chilo ciascuno, sono stati rinvenuti  all’interno della cassetta di sicurezza che l’ingegnere dell’Acer aveva a disposizione presso un istituto di credito ferrarese.

Anche in casa degli altri due arrestati, Salvatore Di Salvatore e Luca Rivelli, sono state rinvenute e sottoposte a sequestro alcune somme di denaro contante. Tutti elementi che si aggiungono agli altri “lussi” finiti nel taccuino della procura: prima tra tutti la Jacuzzi, tangente dovuta da una azienda di forniture idrosanitarie.

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