“Il nord è sull’orlo di un baratro economico che trascinerebbe tutto il nostro Paese indietro, escludendolo dal contesto europeo che conta. Vogliamo questo?”. Sono le parole di Giorgio Squinzi dal palco dell’assemblea di Confindustria, dove interviene davanti a una platea di imprenditori e a una larga rappresentanza del governo, compresi il presidente Enrico Letta e il suo vice Angelino Alfano. “Per tornare al nord trainante – dice – le vie sono quelle che abbiamo detto: credito, fisco, giustizia, semplificazione, infrastrutture, uno Stato amico”. In gioco, secondo Confindustria, c’è la tenuta sociale del Paese: “La tenuta del tessuto sociale è messa a dura prova. Le unità di lavoro sono calate di 1,4 milioni. L’occupazione è diminuita pericolosamente, crollata tra i più giovani. I disoccupati sfiorano i tre milioni”. Ma, prosegue, “a onor del vero non è tutta colpa della crisi. Dal 1997 al 2007 il tasso di crescita dell’economia italiana è stato mediamente inferiore di circa un punto percentuale l’anno a quello dei paesi dell’area euro”. 

Prima di Squinzi ha preso la parola Enrico Letta, che si è rivolto proprio al presidente di Confindustria spiegando di essere consapevole che la missione è difficile: “Il compito è difficile sento tante aspettative, forse troppe. Non so se ce la faremo, ma so per certo che la metteremo tutta”. Il premier ha tracciato gli obiettivi per “arrivare a una nuova leadership europea in campo industriale”. Quale traguardo? “Raggiungere nel 2020 il 20% del Pil prodotto dall’industria e dalla manifattura in Italia e in Europa. E’ uno sforzo importante ma credo che ce lo dobbiamo dare come obiettivo se vogliamo che l’Europa e l’Italia siano leader nel mondo”. 

Squinzi ha voluto anche parlare della percezione che si ha all’esterno dell’associazione industriali: Non siamo una casta, potere forte o debole che sia, salotto più o meno buono – rivendica – Noi siamo la casa del capitalismo reale: quello produttivo e dell’innovazione”. Il presidente di Confindustria si sente sollevato per quella che sul fronte della politica chiama “una tregua”, ma non è, dice, “quella solida di cui l’Italia ha estremo bisogno e della quale confermiamo la necessità assoluta per affrontare i processi di modernizzazione che porterebbero il Paese fuori della crisi. Considerato l’esito elettorale e la stagione di conflitti che abbiamo alle spalle il governo in carica è un buon risultato”.

Poi Squinzi entra nel merito: non nasconde, spiega, la sua contrarietà sul modo con cui il governo ha reperito le risorse per finanziare gli ammortizzatori in deroga. “Scelta che comporta il rischio concreto, segnalato al governo, di generare altra disoccupazione” aggiunge. Squinzi ritiene infatti che “le risorse destinate a sostenere l’occupazione, le politiche attive, la produttività non devono essere impiegate per altri fini. Per questo vanno reintegrate”. Da qui l’azione di governo, secondo il leader degli industriali deve avere “come pilastro portante delle proprie scelte la politica industriale”. Servono riforme, a partire da una legge elettorale “che assicuri “legislature piene e stabilità governativa”. Squinzi non si limita a questo, se è vero che arriva ad auspicare una riforma della giustizia a partire dai tre gradi di giudizio.

Dai pagamenti della Pubblica amministrazione verso le imprese, per il presidente di Confindustria, “sul piatto abbiamo 40 miliardi da recuperare al più presto e siamo al lavoro sull’intero debito della Pubblica amministrazione. Una vera e propria manovra finanziaria per le imprese, inattesa e che molti davano per persa”. Squinzi sottolinea che “siamo impegnati per migliorarla”. Ma, aggiunge, c’è “un’avvertenza. Se per qualche ragione il nostro credito venisse usato per altri fini, chi ci governa sappia che il rapporto con imprenditori sarà compromesso irreparabilmente”.

Squinzi, ad ogni modo, indica nella mancanza del lavoro “la madre di ogni male sociale: va affrontata in maniera strutturale e con equilibrio, intervenendo sul costo, produttività e regole”. Le imprese “sono pronte a supportare l’azione del governo con investimenti e occupazione”. Da qui arriva un “invito alle forze sindacali per un percorso comune” per una riforma del welfare. Sottolinea “la necessità di ripensare il nostro sistema delle tutele”, di cambiare un modello “messo in discussione dalle ristrettezze di bilancio pubblico, dall’evoluzione demografica e dal mutamento della domanda dei cittadini”. E’, dice Squinzi, “il terreno sfidante su cui forze sociali moderne, non conservative. devono confrontarsi e offrire soluzioni innovative alle istituzioni, ai cittadini, ai lavoratori”. 

Confindustria ”da tempo insiste per misure concrete per l’aumento del tasso di crescita e dell’occupazione”, ribadisce Squinzi rivolgendosi al governo. Serve “coraggio di applicarle. Cioè di dare vita ad una vera politica di qualità del bilancio pubblico, di ricomposizione delle entrate e delle uscite, in modo da promuovere la crescita senza intaccare la solidità del bilancio stesso, anzi rafforzandola proprio grazie ad una crescita più elevata”. Se non ci saranno “interventi decisi e concreti”, avverte Squinzi, “la crescita non supererà per molto tempo lo 0,5% annuo, del tutto insufficiente a creare lavoro e a risollevare i destini di tantissime imprese”. 

Infine il fisco. “Abbiamo apprezzato l’impegno che il Governo ha assunto con il decreto Imu”, commenta Squinzi, e “chiediamo un fisco a supporto di chi crea ricchezza e la distribuisce, trasparente e rispettoso dei diritti dei cittadini e delle imprese. Questo ce lo aspettiamo e il paese lo merita”. Una delle priorità è “ridurre il cuneo fiscale, al 53% nel 2012, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile Irap e tagliando di almeno 11 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese manifatturiere. Più della metà di quello che le imprese pagano ai lavoratori va nelle casse dello Stato”.  Oltre ad essere ”punitivo”, il fisco italiano d’altronde è “opaco, complicato, e incerto nella norma”. Un fisco che è “quanto di peggio si possa immaginare” e che “scoraggia gli investimenti e la crescita”. 

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