Il decreto legge sulle staminali, così come approvato oggi dal Senato, dopo le modifiche apportate dalla Camera, è la soluzione migliore che poteva essere presa in questo contesto, in quanto da un lato tutela la sicurezza dei malati seguendo le regole scientifiche delle sperimentazioni, e dall’altro presta attenzione alla sofferenza dei malati e delle loro famiglie: è questa l’opinione della comunità scientifica italiana, che più volte aveva segnalato la mancanza di ogni riscontro scientifico sul cosiddetto metodo Stamina della Stamina foundation di Davide Vannoni. Gli scienziati italiani e stranieri nei mesi scorsi infatti avevano manifestamente criticato, anche sulle pagine di prestigiose riviste scientifiche come ‘Nature’, il metodo Stamina, in quanto privo di ogni dimostrazione scientifica, e il decreto Balduzzi, nella sua formulazione di marzo, che autorizzava un “trattamento controverso” e di fatto faceva dell’Italia “l’unico Paese nel quale una terapia la cui efficacia non è mai stata dimostrata ha avuto di fatto un’approvazione ufficiale”.

Il dato sottolineato da tutti i ricercatori, tra cui anche l’associazione Stem Cell Research Italy e il Nobel Shinya Yamanaka, è che “non esiste compassione che prescinda da sicurezza ed efficacia. Esporre persone deboli e fragili, quali malati e familiari, a rischi non valutati è inaccettabile dal punto di vista etico. Per essere considerato valido, un trattamento terapeutico deve essere sostenuto da dati clinici pubblicati su riviste scientifiche specializzate. Se tali dati non sono disponibili, non ci può essere nessuna ipotesi in merito all’efficacia nel trattamento e quindi ‘nessuna compassione'”.

Il decreto definitivo approvato oggi invece “è il tentativo di riportare sui binari giusti una follia – spiega Elena Cattaneo, direttrice del centro di ricerca sulle cellule staminali dell’Università degli Studi di Milano – Si ritornerà all’iter normale fissato per qualsiasi proposta terapeutica da valutare attraverso una sperimentazione clinica, che deve basarsi su un’ipotesi, dati preliminari, presupposti di efficacia e spiegazioni precise”. Pur trattandosi di un “regalo enorme, fatto a fronte della mancanza di trasparenza mostrata da Stamina – continua – si pone attenzione alla sofferenza dei malati. Certo, spendere 3 milioni di euro per un sistema privo di ogni razionale e senza alcuna prova di scientificità, quando in Italia ci sono tantissimi ricercatori che non hanno fondi per sviluppare le loro idee, è dura da digerire, ma lo capiamo e accettiamo, vista la grande sofferenza che c’è dietro. Almeno adesso si è tornati nel rispetto delle regole”.

E anche se, secondo Vannoni, il testo definitivo “risponde più all’interesse della comunità scientifica italiana e della burocrazia che a quello dei pazienti”, perché “la sperimentazione sarà possibile solo su un centinaio di pazienti, un numero molto lontano dai 18mila che ci hanno fatto la richiesta”, secondo i ricercatori si è scongiurato il rischio di far pagare al Servizio sanitario nazionale, e dunque a tutti i cittadini, una montagna di soldi. “Per ogni paziente – precisa Cattaneo – il costo del trattamento è di circa 30mila euro, e se fosse passata l’ipotesi di fare la sperimentazione solo nei laboratori per i trapianti, non considerando le cellule staminali mesenchimali come dei farmaci, il Ssn avrebbe potuto dover rimborsare una terapia priva di ogni riscontro di efficacia, con il rischio di spendere fino a 540 milioni di euro”. Del resto, aggiunge la scienziata, la dichiarata mancanza di interessi commerciali in questa vicenda, è tutta da dimostrare, visto che “dietro Stamina c’è Medestea s.p.a., un’azienda sanzionata più di volte dall’Antitrust per pubblicità ingannevole, specializzata in prodotti cosmetici e a base di erbe, e che ora ha visto che nelle staminali il business del momento”.

L’altro dato positivo, secondo gli scienziati, è che ora Vannoni dovrà finalmente far conoscere a tutta la comunità scientifica il suo metodo, di cui finora non si sapeva molto poco. “Temo – aggiunge Paolo Bianco, dell’università La Sapienza di Roma – che ci sia stata una gigantesca montatura, a danno dei pazienti e del pubblico. Ma adesso la parola è a protocolli, dati, e risultati misurabili”. Del resto, dicono gli scienziati, se questa cura è così miracolosa come sostengono i suoi inventori, tanto da poter trattare qualsiasi malattia, è giusto “che sia a disposizione e conosciuta da tutta la comunità scientifica”. Se invece non lo fosse, allora i malati devono saperlo.

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