Stasera voglio piangere. So che non lo dovrei fare, che lui forse non vorrebbe ma non ce la faccio. Prendo in bocca il toscano, proprio quello che fumava anche lui. Tiro una boccata. L’unico pensiero che mi viene è che domattina parlerò di don Gallo, ai miei ragazzi.

Voglio far finta che non sia successo, che sia uno dei suoi “scherzi da prete” come quando mi scrivevi via mail “non so se riesco a venire” ma poi trovavi sempre la forza per esserci. Racconterò ai miei bambini che abbiamo avuto il grande dono di avere in questo Paese un uomo che è sempre stato dalla parte di chi non aveva voce. Tu, caro Andrea, hai sempre prestato la tua voce.

Parlerò alla mia classe di un uomo che ci ha sempre messo la faccia. Ricordi quella volta che sei venuto nella piazza del mio piccolo paese democristiano a sostenere la mia campagna elettorale come candidato sindaco: “Dov’è il parroco stasera, perché non è qui?” urlasti al microfono guardando la canonica.  Tu sei stato un uomo che ha sempre scelto la parresia come quella volta che a Bagnolo Cremasco, mandasti letteralmente a tal paese una signora benpensante che ti attaccava per le tue posizioni in merito alle questioni della vita.

Racconterò ai miei ragazzi che tu non parlavi degli ultimi, dei drogati, delle puttane, dei transessuali, dei disoccupati solo dal pulpito ma vivevi con loro, pranzavi con loro, celebravi la messa con loro. In quel salone al primo piano della piccola canonica di San Benedetto al Porto, ti ho incontrato più volte tra un ex detenuto, un ex tossicodipendente. Erano i tuoi compagni di strada.

Racconterò ai miei ragazzi che abbiamo avuto un uomo che non ha mai leccato il culo, questa è la parola giusta, a nessun politico, a nessun vescovo o cardinale. Caro Andrea domani farò sentire queste tue parole ai miei ragazzi: “Il potere vuole rendere invisibile qualsiasi diverso, dal detenuto, al migrante, al tossicomane, al rom, all’handicappato. Chi non è produttivo per loro non è persona”. Rileggerò come piaceva fare a te il Vangelo secondo De Andrè e quella lettera che tu scrivesti per lui quando se n’è andato: “E’ per te, canto con te, con tanti ragazzi e ragazze della comunità, che vivono con me nella mia città di mare che è anche la tua. Anch’io ogni giorno come prete verso il vino e spezzo il pane, per chi ha sete e ha fame. Tu Faber, mi hai insegnato a seguirlo non nelle mura del tempio ma tra le strade, tra i vicoli più oscuri, nell’esclusione, nell’emarginazione, nella carcerazione. E ho scoperto con te camminando in via Del Campo che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. La tua morte ci ha migliorati Faber, il tuo ricordo, le tue canzoni ci stimolano ad andare avanti. (…) E se credete ora che tutto sia come prima perché avete votato ancora la sicurezza e la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare, verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte e per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti. Caro Faber parla all’uomo amando l’uomo”.

Caro Andrea, domattina pregherò con la Costituzione come tu mi hai insegnato, insegnerò ai miei alunni ad “andare in direzione ostinata e contraria” e ancora una volta canterò con te “Bella ciao”. Starò solo da una parte: dalla tua parte.

In alto il calice Andrea.  

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