Si attende la  scarcerazione  o la convalida dell’arresto di Amina, l’ormai famosa 19enne Femen tunisina. E’ in  un carcere femminile a Tunisi, mi dicono, anche se l’azione legale contro di lei è incardinata a Kairouan, la “città santa” tunisina dove volevano radunarsi i salafiti. A quanto si sa al momento, Amina è stata arrestata perché ha scritto Femen  su un muretto del cimitero, perché aveva una bomboletta di spray urticante di autodifesa e – forse, solo secondo alcuni – perché avrebbe avuto l’intenzione, poi non realizzata, di spogliarsi.

Ma come si fa a trattenere in galera qualcuno per accuse del genere, per minime contravvenzioni? Quando abbiamo visto la delicatezza con cui i poliziotti a Kairouan la portavano via, mentre attorno vari uomini le gridavano contro, avevamo pensato che tutto stava andando nel migliore dei modi possibile e che, se c’era una regìa politica della vicenda da parte del governo, si trattava della nuova linea anti-salafita e più rispettosa delle istanze laiche. Ora invece si intravede il rischio che ci sia una persecuzione contro Amina.

A conferma di questa tesi c’è la clamorosa decisione della Associazione Donne Democratiche di difendere Amina “da ogni eventuale lesione dei suoi diritti”. Clamorosa perché la storica Associazione del femminismo tunisino non appoggia le iniziative “alla Femen”, e anzi corre dei rischi di incomprensione e impopolarità nell’aiutare Amina, pur facendo distinzione tra i suoi diritti e l’opportunità delle sue azioni.

Mi fa impressione pensare  che il fermo di Amina è avvenuto nel primo pomeriggio assolato di una domenica a Kairuan, a pochi metri dal luogo in cui, sempre di domenica a quell’ora, con un gruppo di amici ci eravamo imbattuti nella scena di un padre che per strada prendeva a calci nella pancia il figlio bambino.

Tra l’altro, di questo episodio ho parlato con Amina stessa quando ho avuto la fortuna di incontrarla a Tunisi  il 29 aprile.

Ora se potessi  commenterei con lei, magari ha incontrato gli stessi poliziotti del commissariato centrale che a noi- che volevamo denunciare il padre violento – avevano detto che la procura si sarebbe disinteressata della nostra denuncia considerando normali le botte al figlio. Adesso sembra che lo stesso procuratore che se ne frega delle violenze familiari consideri intollerabile una scritta su un muretto e una “intenzione” di togliersi maglietta e
reggiseno. In che mondo assurdo viviamo, eh Amina, in cui un minacciato capezzolo desta molto più allarme dei calci nello stomaco a un bambino.

Se non  ci sarà una immediata scarcerzione è prevedibile che si crei una qualche mobilitazione internazionale. Questo contribuirà a rendere ancora più celebre ed emblematica la figura di questa coraggiosa ragazza.
A conoscerla è più simpatica e dialogante di quel che avrei pensato, anche se gli accenti di protesta e di lamento sono molto forti, ed è singolare la determinazione a voler assolutamente testimoniare e praticare in prima persona il conflitto contro quello che lei vive non come un tabù religioso ma come un repressivo condizionamento politico.

Amina è imbarazzante per le donne politicamente impegnate o della società civile in Tunisia. Non possono non difenderla quando viene  minacciata e repressa, non possono non prendere le distanze dall’ idea Femen perchè anche i più laici dei laici non possono frontalmente contrapporsi ai tabù più generalizzati di una società arabo-islamica. Ultimamente Amina ha mostrato di sapersi e volersi confrontare con l’attualità politica. E’ scesa in piazza il 1 maggio, quando ha contestato vivacemente il comizio del partito Cpr, e ha scelto la giornata salafita di Kairuan per mostrarsi in pubblico la seconda volta. Chissà se sarà il cammino di una evoluzione che la può portare a una militanza senza “atti nudisti”.

Quella sera a Tunisi mi aveva chiesto di aiutarla a incontrare l’allievo di Bourguiba, il vecchio Caid Essebsi che si candida alla presidenza della Repubblica. E che proprio per questo motivo non la può incontrare.
La persona politica che Amina dovrebbe incontrare è la donna più significativa della fase anti-islamista di questo 2013, ovvero Basma  Kalfaoui. Un’avvocata, tanto per cambiare, vedova di Chokri Belaid assassinato
nel febbraio scorso  in quello che per fortuna è rimasto l’unico omicidio politico premeditato.

Basma Kalfaoui era già molto impegnata nella costruzione del Fronte Popolare, il soggetto politico unitario della sinistra radicale. Ne è diventata inevitabilmente il volto nuovo, che non testimonia solo la volontà di arrivare alla verità sull’omicidio del marito ma la capacità di rappresentare la sinistra tunisina che è rinata nella opposizione al governo di Ennahda.

La vera pasionaria tunisina, per altro razionalissima che può cambiare le cose è Basma. Eccola in questo video registrato nella sua casa di Tunisi.

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