Dal 2007, con il recepimento della terza direttiva europea, la pubblica amministrazione, e quindi i comuni, hanno l’obbligo di vigilare sulle attività di riciclaggio. Nonostante ciò, fino ad oggi nessuna grande città si era dotata dei mezzi per contrastare il reimpiego di denaro proveniente da attività illecite. Da questa settimana Milano può ben vantarsi di essere la prima ad aver approvato un sistema che permette di incrociare dati ed evidenziare anomalie. Questo grazie al lavoro e alla caparbietà di David Gentili, presidente della Commissione consiliare antimafia, e di Mario Turla, esperto di modelli organizzativi di antiriciclaggio per le banche, che per questo progetto ha fornito la sua consulenza gratuitamente.

“I comuni hanno a disposizione moltissime d’informazioni – spiega Turla: tutti i dati dell’anagrafe per incominciare, l’ISee (l’indicatore della situazione economica equivalente), la Tarsu (la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani calcolata in base alla superficie degli immobili), o il Pra (il pubblico registro automobilistico), che possono essere messi in relazione con le licenze edilizie o commerciali. Le prime sperimentazioni partiranno proprio da queste macro categorie, che a volte riservano delle “grandi soddisfazioni”: come quando emergono persone anziane (o molto giovani), con redditi bassissimi, che risultano intestatarie di numerosi immobili o attività commerciali”. In questo caso ancora non si può parlare di riciclaggio vero e proprio, quanto piuttosto di un’incongruità, meritevole di un’adeguata verifica e, se necessario, di una segnalazione all’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia (Uif).

Due sono i concetti che si sono andati diffondendo negli ultimi anni in materia di antiriciclaggio: il calcolo del rischio e il monitoraggio costante. Maggiore è il primo, più serrato deve essere il secondo. E i criteri base per stabilire se siamo in presenza di una situazione a rischio sono fondamentalmente due: tracciabilità e trasparenza. In assenza di questi due requisiti, occorre vigilare.

Su queste basi Mario Turla ha adattato un sistema, che già viene adottato nelle banche, alla mole di dati molto più cospicua cui può accedere un comune come Milano. Per calcolare l’indice di rischio si prendono in considerazione 50 diverse correlazioni, che includono anche le parentele, i subentri nelle attività commerciali o gli attentati a cantieri e negozi.

Una banca dati simile, anche se più piccola, in grado di mettere in relazione diversi database, era già stata sperimentata a Corsico, nell’hinterland cittadino, con ottimi risultati (per altro sempre con il contributo di Mario Turla) L’analisi dei dati comparati ha dato l’avvio a un’indagine su un Compro Oro e ha portato alla scoperta di prestanome ed evasori fiscali. Il connubio fra riciclaggio ed evasione fiscale è strettissimo, dal momento che per riciclaggio si intende qualsiasi reimpiego di denaro frutto di reato non colposo. Ma in epoca di tagli agli enti locali, risulta ancora più importante per i comuni, che possono così recuperare gli introiti persi.

I primi risultati dovrebbero incominciare a vedersi verso settembre, il tempo necessario per caricare i dati nel sistema informatico. “Non so, però, quanti abbiano capito l’importanza di questa delibera – conclude Turla – E’ un salto di paradigma: non solo si dice che il Comune ha il dovere di vigilare su quanto avviene nel suo territorio in materia di reimpiego di capitali sporchi, esattamente come ha il dovere di costruire asili o riparare strade, ma ora ha anche trovato il modo per farlo”.

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