Le previsioni dell’estate emiliano romagnola confortano. Un’altro nome va ad aggiungersi alla frescura artistica che giungerà a salvare quelli che rimaranno in regione. Il 29 e 30 Luglio la cantautrice polistrumentista Julia Holter suonerà rispettivamente all’Hana-Bi di Marina di Ravenna (dove potrete anche ammollare i piedi in Adriatico) e al Sun-Agostino di Modena. Saranno le uniche date del tour italiano.

La Holter non solo è cittadina, ma anche nativa di Los Angeles; può sembrare un dato irrilevante ma per un musicista affermato è un caso più unico che raro: nemmeno i Red Hot Chili Peppers sono originari di L.A., nemmeno The Doors; in questo momento vengono in mente solo The Byrds. La Holter è figlia d’arte, il padre ha suonato la chitarra persino con quel dio vivente di Pete Seeger mentre la madre è quello che noi definiremo un barone universitario. Prima di darsi alla musica la nostra lavorava per una organizzazione non-profit e solo dopo essersi laureata in Composizione presso la scuola d’arte losangelina CalArts ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo della musica.

Nel 2010 accompagnava Linda Perhacs (artista a cui è bastato un album per entrare nell’olimpo undeground del beat-folk statunitense, e per collaborare con Devendra Banhart). É nel 2011, all’età di venticinque anni, che pubblica il suo primo album per l’etichetta Leaving dal titolo Tragedy. Un titolo molto ambizioso, il riferimento è nientepopodimeno che l’Ippolito di Euripide, anche la struttura cerca di ricalcare quello della tragedia greca con tanto di introduzione, interludio e finale. A Marzo del 2012 esce Ekstasis il suo secondo LP per la RVNG; la recente ristampa è l’occasione del tour italiano – o meglio, emiliano-romagnolo.

La Holter può essere ricondotta a quel movimento che è stato definito New Weird America. Le sue composizioni poggiano su strutture e suoni prettamente elettronici che ne vanno a mutare la matrice basilarmente folk. Composizioni minimali, sognanti ed eteree; melopee evocative, stranianti. L’uso di Drum Machine, Synth, arpeggiatori e il forte riverbero della voce imbastiscono un’atmosfera rosea e pscichedelica. Ma a volte la Holter va a pesca di emozioni in pozzi profondi e ovattati, fatti di echi neri e umidi (questa l’impressione lasciata da Boy in the Moon da Ekstasis). Lo iato artistico in questa giovane californiana a volte è forse troppo violento e ricercato. Sarà il connubbio di una madre esperta storica e di un padre eccellente musicista a portare la nostra a ricercare vette così alte da farle scrivere canzoni come Try to make your self a work of art – manifesto programmatico, e nel titolo e nella forma musicale, di questo sforzo.

Va detto che nell’ultimo album, a differenza del precedente  (di cui fa parte il brano appena citato), la Holter si prende meno sul serio; il tono intelletualoide viene stemperato a vantaggio di una maggiore freschezza ed immediatezza delle composizioni. É forse stata con questa acquisita capacità alla leggerezza che Ekstatsis ha fatto breccia nel pubblico e negli addetti ai lavori (i paragoni si sono sprecati: Laurie Anderson, Julianna Barwick, Kate Bush e Joanna Newsom), brani come In the Same Room e Goddess Eyes II (di cui potete gustare anche il recente video realizzato dalla video-artista Yelena Zhelezov) sono davvero godibili. Certo, continua a rimanere un’artista non consigliabile agli amanti delle strutture melodiche solide e strutturate.

Ah… in rete si dice le sue performance live siano straordinarie. Non resta che sperimentarle. Per maggiori informazioni sulle due date: www.bronsonproduzioni.com – www.facebook.com/SunAgostino

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