Lo schiaffo ricevuto dai dipendenti nell’assemblea dello scorso 27 aprile è stato talmente forte che Andrea Bonomi è pronto ad arrendersi. Il presidente del consiglio di gestione della Banca popolare di Milano sta considerando di abbandonare il progetto di trasformare la cooperativa in società per azioni, su cui puntava per aumentare il controllo del gruppo riducendo sempre più il potere dei dipendenti-azionisti e aumentare il valore della sua partecipazione. La conferma, dopo le prime indiscrezioni di ieri sera, arriva direttamente da Piazza Affari: il titolo della banca non è riuscito a fare prezzo a inizio giornata ed è poi arrivato a perdere l’8,4 per cento.

Nessuna smentita, del resto, è arrivata dallo stesso Bonomi che secondo le indiscrezioni sta valutando di sospendere o fermare il progetto, da sempre contestato dai dipendenti e dai sindacati interni della banca, ma la scelta non è ancora stata ufficializzata. Allo studio dei vertici ci sono soluzioni intermedie non meglio precisate. Bonomi, secondo quanto trapelato, sarebbe anche disposto a rinunciare al progetto di trasformare la cooperativa in una Spa ibrida in cambio di una separazione più netta fra proprietà e gestione della banca. Non è invece in discussione l’aumento di capitale da 500 milioni di euro per rimborsare i Tremonti bond, la cui approvazione sarà al vaglio dei soci della banca in occasione dell’assemblea del prossimo 22 giugno.

Il nipote di Lady finanza aveva incassato la sua prima, grande, sconfitta lo scorso 27 aprile, quando i dipendenti-azionisti della Bpm hanno bocciato con una maggioranza schiacciante l’introduzione del voto elettronico a distanza alle assemblee, su cui il consiglio di gestione puntava per facilitare la trasformazione in società per azioni. L’ipotesi di passaggio alla Spa ha scatenato una vera guerra all’interno dell’istituto, con il consiglio di gestione schierato contro alcuni membri del consiglio di sorveglianza e una parte consistente dei dipendenti-azionisti, come ha dimostrato il forte applauso scattato dopo l’esito negativo della decisione sul voto a distanza.

E, mentre svaniscono le probabilità di trasformare la Popolare, il presidente del consiglio di gestione pensa ad allargare la sua galassia offshore. Nei giorni scorsi, come racconta Italia Oggi, è stata costituita in Lussemburgo nello studio del notaio Henri Hellincjkx la Bi-Invest Industrial Development. Salgono così a dieci le società che Bonomi possiede nel Granducato dove ha sede peraltro anche la Time and Leasure del finanziere Raffaele Mincione, vicino a Bonomi e anch’egli azionista pesante di Bpm.

Articolo Precedente

Alitalia, Sel chiede Commissione inchiesta su “salvataggio” di Colaninno e soci

next
Articolo Successivo

Start-up, aria nuova a Catania

next