Il tema gas è al centro dell’agenda politico finanziaria del nostro paese. Ci sono in ballo un sacco di soldi, come ci sono miliardi e miliardi di metri cubi di metano a cui trovar posto; un po’ per venir incontro all’esigenze del Paese, un po’ per bilanciare l’eccesso di gas acquistato negli anni e, a causa della crisi economica, mai consumato. Come fare allora? Metterlo sottoterra.

Il ministero per lo Sviluppo economico ha approvato il 18 febbraio scorso, un nuovo decreto che ridisegna – rendendole più snelle – le regole di stoccaggio di gas naturale in Italia. Sono stati poi individuati 4,2 miliardi di metri cubi di gas metano, a cui dovrà essere trovato posto nel sottosuolo. Proprio così, visto che questi mega depositi sfrutteranno pozzi per l’estrazione di metano oramai esauriti, riempiendoli con altrettanti metricubi di gas, sparato ad altra pressione sotto le nostre case, una tecnica che in Italia è attiva dal 1964.

Secondo dati recenti del ministero guidato da Corrado Passera i cosiddetti “campi di stoccaggio” in esercizio in Italia sono 10 dei quali la capacita, al 31 dicembre 2010, era pari a circa 14,7 miliardi di metri cubi. Ma non bastano. E così ulteriori tre concessioni per la realizzazione di nuovi impianti sono già state assegnate, mentre altre otto sono in procinto di esserlo. La partita però è complessa. Impianti di questo tipo sono considerati dai tecnici “ad alto rischio di incidente rilevante”, per cui sono sottoposti alla cosiddetta normativa “Seveso”, un nome che riporta alla mente il più grave incidente industriale mai avvenuto nel nostro paese.

Un impianto di stoccaggio di gas metano doveva essere realizzato a Rivara di San Felice sul Panaro, nella Bassa Modenese. Peccato che gli eventi dell’anno scorso ci abbiano fatto capire che quella è zona altamente sismica, per cui quel progetto è stato accantonato. Poco male: altri impianti accoglieranno più gas. Per esempio, quello che dovrà essere realizzato a Cornegliano Laudense, in provincia di Lodi, nel cuore della bassa pianura Lombarda; questo, dal miliardo e 960 milioni di metri cubi di metano che doveva contenere in un primo momento, è passato alla capacità di 2,2 miliardi di metri cubi. “Ma in altri paesi, strutture di questo tipo, vengono realizzate nel bel mezzo di deserti, non nel cuore di un territorio fortemente urbanizzato come il nostro” dice Roberto Biagini, presidente del locale Comitato salute e ambiente, che si batte contro la realizzazione del campo di stoccaggio di Cornegliano. Qui l’impresa titolare della concessione è la Ital Gas Storage, una piccola Srl con 10 milioni di euro di capitale sociale versato, in procinto però di imbarcarsi in un’impresa che per lei potrebbe essere molto remunerativa ma anche ad alto rischio.

Realtà di spessore, interessate all’affare gas, fanno parte della “compagine societaria” di Ital Gas Storage. Come il Gruppo Ascopiave, che ne possiede il 15 per cento. Si tratta di un’impresa trevigiana che nel 2009 ha dichiarato di voler acquistare un miliardo di metri cubi di gas all’anno dal colosso russo Gazprom. Ma la maggioranza di Ital Gas Storage – il 51 per cento – è di proprietà delle banche, attraverso Gestioni partecipazioni Srl società del gruppo San Paolo-Imi. Inoltre nel board della società ci sono alte personalità dell’ambito economico. Tra i consiglieri di amministrazione troviamo infatti Alberto Bitetto, manager ex Edison ed ex McKinsey – la stessa società di consulenza finanziaria nella quale lavorava il ministro Passera; ma soprattutto Sergio Garribba, ex direttore generale per l’energia, quando era a fianco di Claudio Scajola al ministero per lo Sviluppo economico.

Insomma, lo stoccaggio del gas rischia di diventare una partita giocata tutta sul piano finanziario. Ma quel che sta a cuore al Comitato salute e ambiente di Cornegliano, è la sicurezza e la salubrità del proprio territorio, evitando se possibile di finire vittime di speculazioni più grandi di loro.

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