E’ calabrese, quindi ci potrebbero essere legami con la ‘ndrangheta. Era un tipo silenzioso, come solo i calabresi sanno essere. Sono solo due dei cliché sui calabresi che da ieri, quando Luigi Preiti ha sparato contro i due carabinieri in piazza Colonna, le tv stanno diffondendo. Sarà che sono calabrese, sarà che gli stereotipi non li sopporto a prescindere, ma questa storia proprio non mi va giù.

Se Preiti fosse toscano, qualcuno farebbe riferimento al caciucco o a Firenze culla del Rinascimento? E se fosse veneto, si direbbe che probabilmente è gondoliere o esperto dell’architettura palladiana? No, ovviamente.

E mi direte che i “talenti” dei calabresi sono spesso stati diversi e più preoccupanti. Vero, innegabile. Ma quale giornalista minimamente informato e capace di fare il proprio mestiere penserebbe che la ‘ndrangheta possa commissionare un agguato davanti agli stessi Palazzi con i quali le ‘ndrine dialogano e si accordano?

O ancora: davvero c’è qualcuno che pensa che tutti i calabresi siano silenziosi? Avete mai partecipato a un pranzo domenicale in Calabria o, peggio ancora, a un matrimonio?

Questa volta tocca ai calabresi, ma è ovvio che gli stereotipi mediatici riguardano una schiera molto più ampia di persone. Di solito stranieri, extracomunitari, rom. Gli ultimi della società, ovviamente, perché con loro è più facile prendersela. E gli ultimi d’Italia sono i calabresi. E non sempre per colpa loro.

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