Il Governo Letta potrà essere ricordato come un governo di lotta, ma per conservare il potere dei partiti e della partitocrazia. Per fare ciò dovrà comunque necessariamente sorprendere e tentare in tutti modi, oltre che a prendere più tempo possibile (gli italiani hanno la memoria corta, soprattutto ove agevolati da una stampa genuflessa e servile come quella italiana), di far cadere nell’oblio la spinta e la novità del M5S. Nel quale certamente più d’uno si sarà pentito di non aver obbligato il Pd a realizzare i famosi 8 punti (di mera derivazione grillina), di fatto dettando la politica per il prossimo futuro.

L’inciucissimo è stato consumato, perché così ha voluto re Giorgio, l’attuale vero leader della compagine politica, che ha trasformato irritualmente l’ossatura costituzionale in semipresidenziale. Basterebbe già questo, in un Paese normale, per scendere in piazza e invocare la “ghigliottina”. Nel Paese culla del diritto, il diritto viene stuprato ogni giorno senza che magistratura e avvocatura, unite insieme da un profondo afflato di legalità, alzino la voce, un dito per denunciare ciò che accade lentamente. Quando la grave stalattite [dal gr. σταλακτός, agg. verbale di σταλάζω «gocciolare»] di immonda e immorale calcite si sarà formata, allora sarà troppo tardi. Allora saremo tutti responsabili.

I segnali ci son tutti: una democrazia alienata dalla partitocrazia; una giustizia demolita pezzo dopo pezzo (processi penali che si prescrivono inesorabilmente, alimentando l’illegalità; processi civili che durano troppo, di durata irragionevole e che costano allo Stato centinaia di milioni per indennizzi; magistrati che non rispondono mai degli errori; avvocatura non sempre all’altezza delle delicate funzioni che ricopre; una macchina amministrativa obsoleta, burocratica e inutile; diritto alla giustizia ostacolato da contributi unificati che aumentano ogni 6 mesi etc.); un fisco iniquo con i deboli (cartelle pagate anche se illegittime per non pagare un ricorso alla giustizia tributaria, peraltro poco terza) e ammiccante con i forti (male che vada si transa ad un importo molto inferiore), blindato da un regime di polizia tributaria (tutto tracciabile e rei presunti, e chi se ne frega se l’evasione viaggia nei paradisi fiscali) e una pressione fiscale abnorme; un welfare inesistente; una spesa pubblica parassitaria, politica e tale da alimentare il sistema della corruzione; un diritto al lavoro alienato nei suoi presupposti (se il costo del lavoro rimane fiscalmente elevato non si ha convenienza ad investire sui lavoratori); un diritto all’istruzione annichilito che produce macerie; paesaggio e beni culturali avviliti e umiliati da mediocri affaristi (invece di essere la prima “industria italiana”). E la lista potrebbe essere infinita.

Forse ci meritiamo tutto ciò a causa della nostra ignavia, dell’egoismo e dell’analfabetismo che ci contraddistingue. Oppure solo in virtù del Dna da democristiani che la storia della Chiesa ha geneticamente creato nel tempo. Siamo un popolo di democristiani, dobbiamo riconoscerlo, come tali moderati, affaristi e incapaci di prendere posizioni. Il Governo Letta ne è la summa perfetta, perché, a ben vedere, suggella l’inciucio tra 2 partiti differenti solo per qualche dettaglio. La grande coalizione è esistita anche nel periodo passato, solo che non lo si è palesato a parole. Con i fatti sì.

Non voglio essere disfattista, Letta sta dimostrando di avere comunque tempra, ci sono ministri comunque giovani e di indubbia capacità, una marcata presenza femminile e di sostanza (la Idem è campionessa, fuori e dentro dal campo di gara; la Bonino è di grande esperienza). Il timore è l’obiettivo finale del Governo: la restaurazione della monarchia partitocratica che trova in re Giorgio il suo massimo esponente.  

E’ evidente che questo Paese potrà salvarsi solo se ci sarà una rivoluzione profonda: culturale, sociale, politica. E chiedere di farla a chi ricopre le casacche di chi gioca nella squadra dei responsabili del tracollo, appare quanto meno bizzarro e discutibile. In questa delicatissima partita ora i grillini dovranno necessariamente giocare all’opposizione, come non è mai avvenuto nella storia della nostra Repubblica: incalzanti, controllori scrupolosi, contro-propositivi, autonomi ma anche pronti a discutere provvedimenti che condividono. Un vero e proprio governo-ombra, col fiato sul collo dei governanti inciucioni. Solo in questo modo, il lumicino della speranza potrà non spegnersi. E noi con esso.

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