“Le scriventi Associazioni e Comitati, operanti per la tutela del parco di Grotta Perfetta localizzato nell’ATO I-60 del Piano Regolatore Generale di Roma capitale … Chiedono alle S.V. … di apprestare una effettiva tutela diretta dei Beni archeologici … attraverso la prescrizione dell’obbligo di lasciare libera l’area interessata da edificazioni di sorta … contrariamente a quanto invece espresso dalla Soprintendenza con il parere emesso, peraltro a scavi non ancora conclusi, favorevole alla realizzazione di un asse viario da realizzarsi direttamente al di sopra della villa romana e di avviare il procedimento di tutela indiretta del sito di via Grotta Perfetta 410-420 …”.
A questa richiesta inviata agli inizi del passato dicembre al Ministero dei Beni Culturali e alla Soprintendenza Archeologica di Roma, è appesa la possibilità di scongiurare un’ulteriore distruzione. Quella della villa romana, della necropoli utilizzata dal IV secolo a. C. all’età traianea, di altri mausolei e un lungo tratto di strada basolata, oltre ad una cava. Scoperti nel corso delle indagini preliminari realizzate tra il 2009 e il 2011. Ben presto ricoperti. Con curata attenzione. Così ora sull’area non rimane in vista nulla. Se non una distesa di vegetazione spontanea.

Chi passa da queste parti, dopo aver attraversato l’urbanistica densa della Cristoforo Colombo, non può che rimanere colpito dalle due distese di verde che si aprono ai lati della strada. Via di Grotta Perfetta è un vialone a due corsie di larghezza inadeguata per le esigenze della zona. I marciapiedi sono tutt’altro che ben tenuti ma la fila di pini che li delimitano all’interno, invitano anche a passeggiarvi nelle belle giornate. Siamo nell’XI Municipio, zona sud di Roma. Proseguendo solo per poco inizia Roma 70, un agglomerato inizialmente residenziale al quale si sono aggiunti tanti uffici e soprattutto un centro commerciale, I Granai.

E’ proprio sul lato compreso tra via Grotta Perfetta e il centro commerciale, meglio ancora via Ballarin che quel verde è in pericolo. Anzi con il destino che pare segnato. Come spessissimo accade ad importanti aree inedificate. Tanto più se in prossimità della città. Terreni che aldilà della loro indiscutibile bellezza naturale ed in non rari casi della loro rilevanza storico-archeologica, rappresentano l’occasione per operazioni immobiliari straordinariamente vantaggiose per i proprietari-costruttori. Ormai questo modello romano di “espansione calcolata” lo conoscono bene non soltanto gli urbanisti. La casistica è ricchissima. Le zone di Roma a lungo zone inedificate, di cintura, poi improvvisamente nuovi quartieri maldestramente “saldati” alla città, coinvolte in questo reiterato scempio sono tante. I nomi degli artefici di questo disastro pochi. Gli stessi. Quelli delle grandi di famiglie al contempo, proprietarie terriere e costruttori. Insomma, in rigido ordine alfabetico perché nessuno abbia a lamentarsi dell’improprio posizionamento in una classifica scalata in decenni e decenni di attività sul campo, quelle dei Caltagirone, dei Mezzaroma, dei Santarelli, degli Scarpellini e dei Toti.

Questa storia “dannata” si arricchisce di un nuovo capitolo qui. In questo lembo di campagna romana ancora non fagocitato dal cemento armato. All’incirca 22 ettari, confinanti con il Parco Regionale dell’Appia Antica. Nel PRG del 1962 la zona, denominata, I-60, fu indicata come zona d’insediamento per l’edilizia residenziale per 180.000 metri cubi. Ma le proteste dei cittadini scongiurarono la realizzazione del progetto. Solo temporaneamente.
Nel 2003 il pericolo si materializza di nuovo: in seguito ad una delibera del Consiglio Comunale sugli Accordi di Programma per la compensazione di Tor Marancia, Grotta Perfetta vince il “ballottaggio” tra le tante aree alternative proposte ed inizia l’iter. Nel quale gioca un ruolo più che fondamentale il Comitato Stop I-60 nato tra i cittadini della zona per tentare di sventare la realizzazione del progetto.

Oltre 400mila metri cubi di cemento, di cui 280mila destinati ad usi residenziali e 120mila da utilizzare in servizi turistico-recettivi. Con un incremento di oltre 40mila persone e automobili. In sintesi, una densificazione folle. Un nuovo agglomerato dal nome ambizioso, “Nuovo Rinascimento”, che dovrebbe firmare Mezzaroma. Alla cui realizzazione, finora, nessun contrasto hanno opposto i risultati delle indagini archeologiche preventive, realizzate dalla Soprintendenza Archeologica di Roma. La rilevanza delle scoperte insufficiente a garantirne la tutela e la valorizzazione. Come accaduto in tanti, troppi, casi.

Per esempio, più recentemente, agli ex Mercati generali, all’Ostiense e alla Bufalotta. Tra gli anni Settanta e Ottanta in ampie porzioni di Tor Bella Monaca. Ugualmente senza risultati concreti due interrogazioni parlamentari e la ferma opposizione degli organi politici dell’XI Municipio. Né, la risonanza data allo scempio da network, anche nazionali. Per ora è ancora tutto fermo. E all’interno di quei terreni chissà ancora per quanto inedificati sono comparsi dei cartelli che pubblicizzano l’inizio delle vendite dei costruendi edifici a partire dal giugno 2013.

Ma intanto le strutture della villa, la necropoli costituita da più di seicento sepolture e il basolato della strada sono nuovamente sotto terra. Dove è probabile facciano meno “rumore”.

 

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