Matteo Renzi è pronto all’incarico di governo. “Diciamo pure che il coraggio non gli manca”, fanno sapere dal suo staff. Dipende dunque da cosa deciderà di fare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ma il sindaco di Firenze si accinge alla direzione del Pd pronto anche a accettare l’incarico di guidare un governo di larghe intese. Paradossalmente, d’altronde, proprio il suo nome potrebbe essere in grado di far deporre le gli scudi a coloro che nel partito oppongono un’obiezione “di coscienza” nei riguardi di una maggioranza di larghe intese che la gran parte del partito – da Anna Finocchiaro a Dario Franceschini – sostiene di dover accettare in ossequio a quanto dichiarato da Napolitano. Come il “giovane turco” Matteo Orfini: “Domani in direzione proporrò Matteo Renzi alla presidenza del Consiglio”, ha detto Orfini ospite di Piazzapulita su La7. “Mi piacerebbe sapere se Renzi, che rivendica il suo coraggio e la sua voglia di dare un contributo, se la sente di accettare un’ipotesi del genere – prosegue Orfini – Penso che la sua sarebbe un candidatura in grado di sfidare tutti sul terreno del governo. Come è noto gli elettori del M5S apprezzano molto quello che dice Renzi, così come quelli del Pdl”.

E in effetti Orfini centra il bersaglio. Perché Renzi fa sapere di essere “pronto” a accettare la sfida. Una mossa ardita, ma che può parzialmente ricompattare un Pd che si presenta in ordine sparso e carico di rancori alla direzione del pomeriggio. Anche se è difficile che Rosy Bindi, dimissionaria e avversa all’ineluttabilità delle larghe intese possa farsi convincere dal sindaco “rottamatore”. Tuttavia la possibilità che il Pd proponga Renzi per l’incarico di governo può effettivamente rappresentare una novità rispetto al rischio che il partito corre di spaccarsi sulla fiducia al governo, contro cui, oltre Orfini e Bindi, si sono dichiarati anche Sergio Cofferati e Pippo Civati, che chiede una consultazione della base il 25 aprile.

L’apertura della direzione sarà affidata al vicesegretario Enrico Letta. Bersani non dovrebbe tenere la relazione introduttiva così come ha già fatto sapere che non è disposto a guidare da segretario dimissionario il Pd, nonostante in molti glielo abbiano chiesto. Ma né la data di anticipo del congresso né il comitato di reggenti, guidato dal vicesegretario, sembra che saranno messi ai voti della riunione. La direzione dovrà decidere anche a chi affidare la reggenza del partito e mandare alle consultazioni insieme ai capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda.

Da Franceschini a Letta, da Finocchiaro ai veltroniani la proposta che verrà dal presidente Napolitano è ritenuta “non” negoziabile. “Napolitano è un gigante. Ora tutti devono rispondere o sì o no. Io rispondo sì”, spiega Franceschini. Mentre Finocchiaro chiede “un governo politico, con personalità di eccellenza”. Fatto sta che di fronte a un Pd messo alle strette da Napolitano si prospettano due ipotesi. La prima, quella preferita da gran parte dei dirigenti, è quella di un esecutivo non propriamente politico, ma con personaggi “di alto livello”, magari di area, o qualcuno pescato nella stessa rosa di dieci saggi, come Luciano Violante o Gaetano Quagliariello: il nome che ricorre per la presidenza del consiglio è quello di Giuliano Amato, che ha certamente il favore di Napolitano, il quale lo vedeva bene anche come proprio successore. La seconda ipotesi, invece, è quella che si faccia strada la candidatura di Renzi, che aprirebbe probabilmente una stagione diversa per tutti e che ha incassato il favore, tra gli altri, della neopresidente del Friuli Venezia Giulia Serracchiani e del sindaco di Torino Piero Fassino.

Anche per il sindaco, d’altronde, il rischio è di essere logorato altrimenti. In quanto dalle parole di Napolitano si è compreso benissimo che il governo non è a breve termine come si augura il sindaco di Firenze, ma potrebbe anche doppiare le scadenze del prossimo anno, quando si voterà per il rinnovo dell’amministrazione di Palazzo Vecchio e della Toscana oltre che per le elezioni europee. Basta che il parlamento affronti qualche riforma di carattere costituzionale – come il senato delle regioni o la forma di governo – perché i tempi della legislatura di allunghino. Per altro, nonostante il successo della renziana Debora Serracchiani in Friuli Venezia Giulia, al momento il Pd langue in acque basse. E non è detto che riesca a risollevarsi in breve grazie al sindaco di Firenze. L’asse tra vecchia guardia e giovani turchi e non solo che ha silurato in aula con 101 franchi tiratori il nome di Romano Prodi per il Qurinale è lo stesso che adesso vagheggia di portare Renzi alla leadership del Pd in vista dell’investitura per le prossime elezioni. Il sindaco, pero, per parte sua non ha mai avuto veramente voglia di prendersi in carico di malanni del partito: pur convinto della necessità di “rifondare” il Pd, sindaco risponde però “mai!” alla proposta di prendere le redini “di questo Pd”.

 

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