Qualcuno in Bankitalia resterà deluso nel vedere i maxi-stipendi dei banchieri italiani. Nelle scorse settimane Palazzo Koch aveva invitato i vertici degli istituti di credito a non strafare con i bonus nelle remunerazioni dei manager chiedendo di non versare incentivi ai dirigenti delle banche che hanno archiviato lo scorso anno in perdita o con un risultato di gestione negativo. Un invito che trova fondamento nelle Disposizioni emesse da Bankitalia il 30 marzo 2011 e che aveva come obiettivo riportare un po’ di decoro nel settore bancario indipendentemente dai risultati degli istituti.

Ma a quanto pare, la moral suasion in Italia non ha poi così ampia eco. E per la vigilanza guidata da Ignazio Visco, che in confronto a molti dei suoi sorvegliati sembra un francescano con i suoi 495mila euro annui di stipendio, non sembra avere a disposizione altre potenti armi a disposizioni per rimettere ordine nel mondo bancario. Certo ci sono le sanzioni. Ma, in soldoni, sono poca cosa rispetto ai giri d’affari miliardari che ruotano attorno agli istituti di credito 

Basti pensare che ”carenze nel processo di gestione e controllo dei rischi” sono costate ai vertici di Banca Finnat una serie di multe per un totale di 70mila euro. Lo rivela il bollettino di vigilanza del gennaio 2013, nel quale Bankitalia comunica multe per i consiglieri Giampietro, Arturo e Angelo Nattino, Tommaso Gozzetti, Lupo Rattazzi, Ermanno Boffa, Leonardo Buonvino, Franceso Caltagirone e Carlo Carlevaris, Ettore Quadrani e Paolo Di Benedetto, oltre ai sindaci Mario Sica, Alessandro De’ Micheli, Francesco Minnetti. La somma da sborsare non preoccupa però i vertici della banca romana. E del resto è praticamente pari a zero se confrontata con i lauti incassi di amministratori, sindaci e prima linea di dirigenti di Banca Finnat che nel 2012 hanno intascato complessivamente oltre 4,557 milioni di euro. Senza contare che la banca che fa riferimento alla famiglia Nattino, attraverso la Finnat fiduciaria spa, ha anche staccato una cedola da 0,010 euro per azione.

Settantamila fra consiglieri e sindaci, con una ammenda media da 5mila euro, in ogni caso, sono poca cosa anche rispetto alle ipotesi sanzionatorie previste dal Testo Unico bancario all’art. 114 dove è previsto ”nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione, nonché dei dipendenti si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.580 a euro 129.110”. In altre parole, nell’ipotesi massima sanzionatoria, ognuno dei consiglieri e dei sindaci avrebbe dovuto sborsare 129mila euro per un totale di 1,8 milioni. A consiglieri e sindaci di Banca Finnat, quindi, è andata tutto sommato bene.

Più pesante fu la sanzione che nel 2009 toccò all’allora direttore generale del Monte dei Paschi di Siena, Antonio Vigni, per ”per irregolarità nella trasparenza”: poco più di 65mila euro, il massimo della pena prevista per questo tipo di abuso. Ma oggi, alla luce dei derivati Santorini e Alexandria, che hanno portato Mps al collasso, quella somma appare ai magistrati poca cosa rispetto al quadro emerso dalle indagini su Rocca Salimbeni. Ed è certamente niente rispetto al buco di Mps che per ora è costato ai contribuenti oltre 4 miliardi di euro.  Anche se si somma la vecchia sanzione con la multa disposta dalla vigilanza nelle scorse settimane per rincarare la dose dopo che i guai della banca sono venuti a galla: oltre 5 milioni il totale chiesto agli ex vertici dell’istituto per la violazione del controllo dei rischi e le carenze degli organismi di controllo, con più di 500mila euro a carico di Mussari e Vigni.

Eccezioni che confermano la regola a parte, il punto è che a conti fatti, quelle di Bankitalia, appaiono armi spuntate contro potenti banchieri che dominano la scena finanziaria del Paese. Non tanto per la lamentata impossibilità di rimuovere i vertici degli istituti, quanto per le sanzioni piuttosto leggere rispetto a temi gravi come il controllo di gestione e la trasparenza e lontane anni luce dai ben più lauti compensi percepiti da consiglieri e sindaci controllori. Basti pensare rischierebbe poco persino chi violasse l’articolo 131 del Testo unico che nell’ipotesi di abusiva attività bancaria prevede la ”reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 2.065 a euro 10.329”. Quattro spiccioli per la grande finanza bancaria.

Figurarsi per un promotore qualsiasi. La storia di Ciro Spatalino insegna: l’ ex promotore finanziario di Banca 121 “My way” e “4 you” (gruppo Montepaschi) ha truffato 74 clienti per poco più di 4,7 milioni. Autodenunciatosi in una lettera inviata ai clienti in cui raccontava la voragine milionaria, Spatalino è stato condannato a sei anni, due mesi e nove giorni di reclusione e a risarcire assieme a Mps 10mila euro per 14 parti civili e altri 10mila a testa per altri 12 danneggiati. In totale i risarcimenti ammonteranno ad appena 260mila euro. Grazie anche alla prescrizione per i reati antecendenti il 2005.

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