I consumi di alcolici degli italiani sono nettamente cambiati negli ultimi dieci anni. Appare evidente nell’ultimo report dell’Istat sull’uso e abuso di alcol in Italia, dove a fronte di un lieve calo nella quota di popolazione dai 14 in su che consuma almeno una bevanda alcolica durante l’arco dell’anno, si registra una netta diminuzione dei consumatori giornalieri (-24,6%), soprattutto donne e i giovani, e a un aumento dei consumatori occasionali, specie dai 45 anni in su. Aumenta anche il numero degli italiani che bevono fuori pasto, soprattutto donne, aperitivi alcolici, amari e superalcolici. A scapito di birra e specialmente vino, il cui consumo a livello nazionale è sceso a 22,6 milioni di ettolitri l’anno, meno di quanto se ne beveva ai tempi dell’Unità d’Italia. 

Le punte massime si raggiungono al nord, specie nel Nord Est (Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia), dove rispetto al 2011 c’è una diminuzione del consumo di bevande alcoliche fuori pasto che invece aumenta al sud. Il consumo di bevande alcoliche aumenta al crescere del titolo di studio conseguito, specie per le donne (68% delle laureate), mentre il consumo quotidiano decresce col titolo di studio, sia per gli uomini che per le donne. Un uomo su due, contro una donna su tre, beve alcol anche fuori dei pasti. Ma sono soprattutto i giovani ad avere un consumo di alcol fuori pasto (almeno una volta alla settimana), una modalità che coinvolge 3 milioni e 314 mila persone dagli 11 anni in su e denota un trend di consumo ormai assestato.

I bevitori a rischio sono 7 milioni e 464 mila, di cui 5 milioni e 674 mila maschi e 1 milione 790 mila femmine. Sono coloro che eccedono le quantità tollerate durante il pasto secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità che corrispondono a 2-3 unità alcoliche per gli uomini, 1-2 unità per le donne, 1 unità per gli anziani e nessuna per gli adolescenti fino a 15 anni. I consumatori a rischio, quindi, sono sia quelli che hanno un consumo giornaliero non moderato, soprattutto anziani over 65, e quelli che si danno al cosiddetto binge drinking, ovvero l’assunzione occasionale di più bevande alcoliche in un breve intervallo di tempo. E sono soprattutto giovani, in particolare chi frequenta discoteche, concerti o spettacoli sportivi. Comunque si assiste a una lieve diminuzione del numero dei consumatori a rischio, per quanto il consumo sempre più orientato verso alcolici diversi da vino e birra, bevuti fuori dei pasti non sia affatto salutare.

Così mostrano i dati di uno studio condotto dal Cra Vitivinicolo di Conegliano e dall’Università di Roma Tor Vergata, sezione di Nutrizione Umana. I primi dati “sottolineano con forza le proprietà antiossidanti di un moderato consumo di vino rosso, associato ad un regime alimentare mediterraneo, ovvero composto da alimenti legati alla territorialità, alla stagionalità e poco trasformati dall’industria alimentare”. In pratica si sono confrontati gli effetti sull’organismo umano del consumo di vino rosso a digiuno, vino rosso con pasto mediterraneo o con pasto dal alto contenuto lipidico (il panino del fast food, ad esempio). Lo stesso è stato fatto sostituendo al vino rosso una bevanda commerciale a base di etanolo (vodka).

I risultati, relativi al grado di ossidazione delle proteine Ldl, fenomeno che sta alla base di numerosi processi patologici cronico-degenerativi (come le malattie cardiovascolari), hanno evidenziato che l’assunzione di vino rosso in associazione ad un pasto mediterraneo tende a mantenere un livello più basso di ossidazione – quindi è più salutare – rispetto ad un pasto ad alto contenuto lipidico associato al consumo di vino rosso. La situazione diventa ancora più marcata quando si confronta l’assunzione della bevanda commerciale a base di etanolo. Questo aumento è ancora più evidente con una associazione tra vodka e pasto ad alto contenuto lipidico. Dunque è il vino, nelle opportune quantità, a esaltare il valore nutrizionale della dieta stessa, che a sua volta esalta il carattere salutare-antiossidante del vino.

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