Tutto da rifare: l’accordo per la ripartizione dei proventi dei diritti tv, faticosamente raggiunto in Lega calcio lo scorso novembre, non va bene. A dirlo è l’Antitrust, che stamattina ha inviato una segnalazione al Parlamento, al Governo e ai Ministeri dello Sviluppo economico e dello Sport per chiedere la revisione del quadro normativo che attualmente regola la materia. Il riferimento è alla legge n. 287/90 del 2008, che, stabilendo la commercializzazione comune dei diritti tv (in passato erano venduti singolarmente dalle società), indicava anche i criteri di massima per la ripartizione delle risorse derivanti: e cioè che il 40% dovesse essere diviso in parti uguali e il 60% a seconda dei risultati sportivi e del bacino d’utenza (con la percentuale relativa a quest’ultimo che non può essere superiore a quella dei risultati).

Adesso quella legge va rivista, sostiene l’Antitrust. Anche perché nel frattempo altri fattori sono intervenuti nel sistema di ripartizione di quei soldi. E non parliamo di spiccioli, dal momento che l’ultimo contratto (quello per il triennio 2012/2015) vale una cifra che si aggira intorno al miliardo di euro. E costituisce per le società del nostro calcio la principale fonte di entrate a bilancio (in media il 40%).

In particolare, l’Autorità Garante ritiene “non condivisibile” il fatto che i club vengono premiati in virtù della loro tradizione sportiva: all’interno della quota spartita per i risultati, un 10% è calcolato in base ai posizionamenti maturati a partire dalla stagione 1946/1947. Un criterio troppo ‘bloccato’, che favorisce i grandi club e pertanto lede il principio di remunerazione meritocratica (che, secondo l’Antitrust, è vitale per la competitività del campionato). Ma il Garante si spinge anche più in là: fino a mettere in discussione il criterio del “bacino d’utenza”, che vale il 30% sul totale ed era sempre stato considerato inviolabile (anzi, molti avrebbero voluto renderlo ancora più incidente). Anche il numero di spettatori sfuggirebbe infatti alla logica meritocratica, e l’Antitrust invita ad abolire, o quantomeno limitare, questo criterio.

Cosa succederà adesso è difficile immaginarlo. Le considerazioni dell’Antitrust non hanno valore cogente, ma potrebbero scoperchiare il vaso di Pandora degli interessi delle varie società; specie di quelle che avevano visto respinte le loro istanze lo scorso novembre. Qualcosa, comunque, bisognerà farla, se non altro per evitare eventuali sanzioni economiche alla Lega calcioChe tra l’altro è chiamata a fare un passo indietro: il Garante, infatti, suggerisce anche che d’ora in avanti a stabilire i criteri di ripartizione dei proventi sia un organo terzo. Dove i grandi club non avrebbero modo di far pesare la loro influenza. Perché – sottolinea il documento firmato dal Presidente Giovanni Pitruzzella – “la Lega, in quanto composta da organi in cui siedono esponenti delle singole squadre, non rappresenta il soggetto nella posizione migliore per dettare le regole di ripartizione delle risorse”. Certo, per scoprirlo non ci voleva l’Antitrust: bastava pensare a quanto le società hanno litigato sui diritti tv in passato. E a quanto litigheranno anche in futuro, se quel fragile equilibrio che era stato raggiunto dovrà essere rivisto.

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