A Belfast, quindici anni dopo la firma degli accordi del Venerdì santo (10 aprile 1998) che misero fine a trent’anni di troubles fra unionisti protestanti e repubblicani cattolici, i ‘muri della pace‘ sono ancora tutti in piedi. Nessuna delle barriere che dividono le due comunità è stata distrutta. Anzi ne sono sorte di nuove, o qualcuna è stata sopraelevata, aggiungendo una rete metallica alla costruzione in mattoni e cemento. Belfast Interface Project, associazione che opera per il riavvicinamento fra cattolici e protestanti, ha censito 99 muri, segno tangibile che la riconciliazione è ancora lontana. E che i cittadini si sentono più sicuri al riparo delle barriere, che da decenni li proteggono dai lanci di sassi, bottiglie e petardi della parte avversa. Opinione confermata da uno studio dell’università dell’Ulster: solo il 14 per cento degli abitanti dei quartieri a rischio è favorevole all’abbattimento dei peace walls.

“Il muro deve restare, grazie ad esso ci sentiamo più tranquilli, soprattutto durante le parate di luglio” ha dichiarato un abitante cattolico di Duncairn Avenue, dove passa il corteo che festeggia la vittoria, nel lontano 12 luglio 1690, del re protestante Guglielmo III d’Orange sul cattolico Giacomo II. Ogni anno la celebrazione orangista offre il pretesto per una prova di forza fra le due parti. L’ultimo scontro nelle strade si è scatenato invece, nel dicembre scorso, per la decisione del consiglio municipale di non esporre più la bandiera dell’Union Jack. Dopo giorni di violente proteste e lanci di molotov, gli unionisti, che non vogliono rinunciare alla bandiera britannica, si sono dovuti rassegnare: il vessillo sarà esposto solo in occasioni particolari.

Il conflitto fra cattolici e protestanti, terminato con gli accordi del Venerdì santo e la smilitarizzazione delle fazioni armate, ha trovato una soluzione definitiva nel maggio 2007 con la nascita del primo governo di coalizione fra i repubblicani del Sinn Fein e gli unionisti del Dup, partito democratico unionista, fondato dal reverendo Ian Paisley. Ma decenni di violenze – che hanno fatto 3.500 morti in una provincia di 1,8 milioni di abitanti – hanno lasciato cicatrici profonde. “La società nord-irlandese è sempre più segregazionista perché, nonostante gli accordi, i cittadini non sentono di vivere in pace e il problema sicurezza è ancora dominante” afferma Adrian Guelke, politologo alla Queen’s University di Belfast. Una ricerca fatta dalla sua università in dodici quartieri ha rivelato che il 68 per cento dei ragazzi fra i 18 e i 25 anni non avevano mai avuto una conversazione con i coetanei dell’altra comunità. D’altronde il sistema scolastico prevede solo il 5 per cento di classi miste. Anche i club sportivi sono divisi per appartenenza religiosa e le giovani generazioni vivono in universi separati fino all’ingresso nel mondo del lavoro.

I peace walls offrono protezione, ma confinano in un isolamento da cui pochi hanno la volontà di affrancarsi. “Soltanto combattendo il fattore paura si arriverà alla distruzione dei muri” dice John McQuillan di Belfast Interface Project “La povertà gioca un ruolo importante nel persistere del risentimento e delle barriere psicologiche: in molti quartieri popolari le condizioni di vita non sono migliorate rispetto a trent’anni fa”. Una nuova via di riconciliazione può forse offrirla il turismo che negli ultimi anni ha scoperto i “political tours”, le visite guidate dei murales dell’unionista Shankill road e della repubblicana Falls road. Il periodo buio dei troubles viene rivisitato da frotte di vacanzieri (il murales di Bobby Sands, militante dell’Ira morto nel carcere di Maze, è in assoluto il più fotografato) che ascoltano dalla voce dei protagonisti gli episodi della guerra fratricida. Due associazioni di ex prigionieri politici, l’unionista Epic e la repubblicana Coiste, accompagnano i gruppi nelle vie di West Belfast, ognuna nella sua zona d’influenza, ognuna offrendo la sua versione degli attentati e degli scontri a fuoco. Ai turisti trarre le conclusioni.

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