Ulteriore perla di una buona fetta della Pubblica amministrazione che, per non deludere gli statalisti italiani ad oltranza, non si fa mancare nulla. Dice il Presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, che i conti dell’Ente Previdenziale sono, in futuro, a rischio per il fatto di dovere assorbire l’enorme disavanzo dell’ente previdenziale del pubblico impiego, il famigerato Inpdap che non è l’acronimo di qualche orribile polizia segreta di paesi d’oltrecortina ma semplicemente l’Ente previdenziale della pubblica amministrazione.

Nello specifico, ci dice Mastrapasqua, che tale buco è dovuto al fatto che moltissime pubbliche amministrazioni non hanno pagato per molti anni i contributi dei lavoratori. Robetta da niente; se si permette di farlo un privato paga in termini di salassi economici e di condanna penale. Ma quando è la pubblica amministrazione non c’è dirigente che paghi alcunché.

Già questo sarebbe sufficiente a fare capire che l’amministrazione pubblica è da riformare in toto imponendo, ai dirigenti generali, una responsabilità civile personale in merito alla mala gestione. Quanto meno in termini di carriera. Ma lo sconforto è totale se si pensa che la regolarità contributiva è la regola per accedere al mondo degli affari. Regola, evidentemente, che vale solo per i privati e non per il pubblico impiego. Non a caso non si annoverano suicidi tra i manager pubblici causati dalle difficoltà finanziarie.

La morale della storia impone un paio di domande a chi di dovere. La prima rivolta ai sindacati – funzione pubblica – che, evidentemente, erano affaccendati nella caccia alle poltrone o nelle strenue battaglie per ridurre di 30 secondi l’orario lavorativo. La seconda a coloro che dietro l’etichetta “manager pubblico” nascondono la natura di passacarte del sottobosco politico con l’aggravante che, per passare le carte senza alcuna responsabilità, vengono pagati una enormità.

Dico, agli uni e agli altri, che quale amministratore di una società mi trovo a dovermi confrontare con i sindacati (ironia vuole che siano della stessa Funzione Pubblica) e con i lavoratori i quali, se non pagassi sistematicamente i contributi mi spellerebbero (e non senza una certa ragione) vivo. Aggiungo che unitamente alla caccia agli evasori, fisici e giuridici, privati bisognerebbe inaugurare la caccia agli evasori che, camuffati da Stato, rubano alla pari dei primi direttamente dalle tasche degli italiani.

Perché non c’è dubbio che le pensioni dei lavoratori pubblici saranno pagate dai lavoratori privati. Una forma alternativa ai ladrocini a cui lo stato e la sua gestione ci ha abituati e che mi induce a pensare, almeno in questo caso, che la visione del mondo non si assume nella dicotomia pubblico e privato ma in quella, ben più pregnante tra responsabile e irresponsabile.

Abbondanti nel pubblico come nel privato.  

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