Quanti furono quelli che si impegnarono durante la Lotta di Liberazione assieme a Pertini, a Terracini e a Parri? E durante il Risorgimento quanti decisero di stare al fianco di Garibaldi o di Mazzini? Quanti decisero di cambiare la propria vita per tentare di cambiare la storia di tutti? Chi li ha contati?

Pensavo a questo mentre oggi mi consegnavano due schede, una gialla e l’altra magenta. Nella prima: “Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute nonché la salute dei lavoratori contro l’inquinamento, proporre la chiusura dell’Ilva?”. Nella seconda: “Volete voi cittadini di Taranto, al fine di tutelare la vostra salute e quella dei lavoratori, proporre la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva, maggiore fonte di inquinamento, con conseguente smantellamento dei parchi minerali?”.

Ho messo due croci: entrambe sul “sì”. All’uscita c’erano i giornalisti, le tv e anche le telecamere di un regista che stava girando un documentario su Taranto. Dove ho votato c’era un po’ di fila, i seggi non erano certo deserti. Ho anche accompagnato a votare i miei genitori anziani e lì c’era fila e un buon fermento. Mi sono stupito a vedere affluire un corteo di persone che non conoscevo, disciplinate e convinte. Illuminate da uno sguardo indefinibile. E mi sono chiesto: quanti saremo a Taranto a votare? Ad un primo conteggio a fine mattinata mi sono fatto l’idea di un 7%, tentando incerti calcoli a spanne e proiettando i dati di un seggio sull’intero territorio. Aumenteranno in serata. Non so se raggiungeremo il quorum del 50%.

Ma quelle persone che sono andate a votare – con tanta dignità e convinzione – non si potranno ignorare: la partecipazione dei cittadini ha oltrepassato il recinto della testimonianza minoritaria. E ho pensato: la storia siamo noi, sono loro. La storia non la fanno certo quelli che stanno a casa. Sono convinto che la storia vada avanti così: uno su dieci. Una lotta va avanti e dà speranza di vittoria se c’è uno su dieci che si dedica ad una causa con passione e costanza. Se si scende sotto questa massa critica crolla la speranza. Quella che si combatte a Taranto è la classica lotta di uno su dieci. Intorno c’è il deserto dell’ignavia, dell’indolenza, della paura, dell’incertezza, della distrazione e degli intrecci di potere.

aia fumetto ilvaA Taranto è in corso una lotta che ne sta cambiando la storia, una lotta di liberazione da un sistema di potere, oltre che da un sistema di inquinamento. E non è un caso che siano giunti tanti inviti a non andare a votare a questo referendum consultivo. Mentre scrivo i seggi sono ancora aperti. Quell’uno su dieci convinto. Non sappiamo se saprà trascinare alle urne anche gli altri, a cui è stato raccomandato di non andare a votare. Intorno a quell’unità cosciente c’è la maggioranza che già di per sé non crede in tante cose: non crede alla raccolta differenziata e butta tutto nel cassonetto, non crede nella bicicletta e si sposta in auto anche quando sarebbe meglio farne a meno, non crede nell’informazione indipendente e non cerca le informazioni per conto suo, non crede nella lettura dei libri e non li regala ai propri figli, non crede nella conoscenza e non sa cosa è il benzo(a)pirene che entra nei suoi polmoni. Intorno a quell’unità cosciente c’è una massa che prende coscienza quando il cancro spunta da una lastra. Taranto è la città con il freno a mano tirato, una città che il Potere ha scelto per costruirci il Tempio dell’Indifferenza. Un tempio che crolla un po’ alla volta e che il referendum di oggi serve a mettere alla prova.
Rispetto alle grande lotte storiche del passato in questi anni c’è stata una vistosa assenza: la sinistra. Una sinistra che si è persa nei meandri del potere e delle intercettazioni telefoniche con gli uomini dell’Ilva. E che oggi frena su tutto. La sinistra oggi non ha il potere di cambiare la società, ma ha ancora il potere di intralciare chi la vuole cambiare. E’ un freno a mano tirato nella testa della gente che vota a sinistra. Funzionerà bene anche in questo referendum consultivo sull’Ilva di Taranto. Solo Sel ha detto che si può votare “sì” alla chiusura dell’area a caldo e “no” alla chiusura totale. Una presa di posizione così poco convinta che se chiedessimo a Vendola risponderebbe: no a entrambi i quesiti. Un significativo freno alla partecipazione è la presa di posizione della Cgil di Taranto che ha detto di non andare a votare.
taranto striscioneNon andranno a votare anche gli iscritti di Cisl e Uil, a meno che non ragionino con la loro testa. Con i sindacati confederali c’è Confindustria, acerrima nemica del referendum sull’Ilva. Anche Coldiretti, stranamente, ha preso le distanze dal referendum. Segue a ruota Legambiente, che non si è espressa ed è rimasta in un impenetrabile silenzio. Ma conosco autorevoli attivisti di quell’associazione che mi hanno espresso la loro contrarietà al referendum. Se questo referendum sarà poco partecipato, una grossa responsabilità ce l’avrà anche il Movimento 5 Stelle. A Taranto non l’abbiamo visto sbracciarsi più di tanto. I grillini a livello nazionale fino a ora non hanno pubblicato alcun documento sul referendum nel sito ufficiale. Un appello al voto è apparso solo sulla pagina Facebook locale degli amici di Beppe Grillo di Taranto. Veramente poca cosa. Avrebbero potuto fare come con la Tav. Ma in questo caso è stato mantenuto un basso profilo, senza neanche dire se votare per il sì o il no alla chiusura. 
Anche i Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti hanno preso le distanze dal referendum, senza tuttavia dire cosa faranno esattamente.
Fra poche ore sapremo quanto avranno contato tutte queste incertezze. E quanti invece saranno entrati nella cabina per mettere un segno di croce e dire che non vogliamo più ammalarci di inquinamento.

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