“Bisogna integrare il Pil con altri indicatori che riguardano la qualità della vita. Un processo che richiede passaggi culturali e politici importanti”. Mario Bertini, professore emerito di Psicologia della Salute all’Università La Sapienza di Roma ne è convinto: “Quando la medicina guarda a questi aspetti, si accorge che può trarne molti benefici. Come dimostrano alcune ricerche, le persone ospedalizzate a causa di un intervento chirurgico vengono dimesse tre giorni prima della media se hanno a disposizione la figura dello psicologo per un’ora al giorno. Questi risultati hanno un’importante ricaduta sul benessere del paziente ma anche sulla spesa sanitaria se si pensa che un giorno di degenza, in media, costa al Sistema sanitario nazionale 500 euro”.

Qual è il significato di queste ricerche?
Mente e corpo sono una cosa sola, non esiste una malattia solo “organica” o un disturbo solo “psicologico”. Le angosce e le paure legate all’intervento e all’ambiente ospedaliero hanno un forte impatto sulla capacità di ripresa e guarigione: la visione che riduce o separa nettamente la psiche dal corpo, non regge più.
Ampliando il discorso, si deve ragionare nei termini di una integrazione continua e circolare tra benessere e malessere. Questa ricerca si può inserire nell’ambito di quella piccola rivoluzione copernicana che gradualmente sta portando la comunità scientifica ad abbandonare il vecchio modello di “malattia” a favore del nuovo modello di “salute”.

Cosa c’è alla base di questi cambiamenti?
Alla base c’è la scoperta della Salute come scienza positiva. Fino a poco tempo fa si diceva: la salute è assenza di malattia. Da qualche anno invece si è cominciato a cercare di capirne l’identità. Non è un’assenza, ma una presenza. Noi oggi definiamo la salute come uno stato di benessere fisico, psichico e sociale. Cerchiamo di dimostrare che l’uomo, al contrario di quanto si pensava fino a qualche tempo fa, è fondato su due sistemi motivazionali che solo apparentemente sembrano escludersi a vicenda: l’individualità e la relazione. C’è in ognuno di noi un grande bisogno di libertà e al contempo un grande bisogno di amore, di relazioni con gli altri. Le due dimensioni si intrecciano e vanno a determinare che tipo di persona saremo e il livello delle nostre competenze di vita, come per esempio: l’autostima, la capacità di controllo e senso dell’efficacia personale (self-efficacy), la capacità di avere buone relazioni con gli altri, ecc. La depressione ad esempio, in questo nuovo modello, può essere letta come un problema di autostima, di accettazione di sé…

I vecchi concetti di salute e malattia scompariranno… 
Le parole nascondono sempre un certo modo di vedere le cose. Di recente ho cercato di riformulare i concetti principali su cui si basa la medicina, spingendomi fino a coniare dei neologismi un po’ provocatori: per esempio la parola ‘salutie’ rispetto alla parola ‘malattie’ e la parola classica ‘salutogenesi’ rispetto a ‘patogenesi’. Si è mai chiesta perché la parola salute non prevede il plurale? Su questo ho anche consultato un linguista come Tullio De Mauro, che si è molto appassionato alla vicenda.

Cosa cambierà nella pratica piscologica quotidiana?
La questione cruciale è capire cosa vuol dire in questo caso fare psicoterapia. Non possiamo ‘rimuovere’ qualcosa, come si propone di fare la medicina. Qui va fatto semplicemente il contrario, e cioè ‘promuovere’ risorse e competenze già presenti nell’individuo, che rinforzate e ampliate, consentono di aumentare il livello di benessere e la qualità delle relazioni con gli altri. Questa è quella che io chiamo “psicopromozione”, al posto di “psicoterapia”.

Quindi dobbiamo studiare la persona sana proprio come abbiamo fatto per secoli con la persona malata?
Vanno innanzitutto individuate le dimensioni positive di salute, le dinamiche che le promuovono, fino al trattamento delle medesime con la promozione sia a livello individuale che a livello più ampio: nella scuola, negli ospedali e nelle organizzazioni di lavoro, in tutte le fasi del ciclo di vita, ci sono ampie possibilità di lavorare sulle competenze.

Insomma, siamo pronti per una svolta…
Questi nuovi concetti stanno lentamente facendo breccia nella cultura più ampia. Anche se bisogna fare attenzione a non scivolare nel “salutismo” (ti vendo lo yogurt perché fa bene alla salute), che serve solo a creare equivoci.
Il concetto di benessere che intendiamo noi si riallaccia all’economia e alla politica in modo più profondo.

In che modo?
L’economia ha per obiettivo la crescita della ricchezza, cioè del Pil. Alla fine del ‘700 si pensava che l’obiettivo dell’economia fosse la felicità. Ma di quale felicità? All’epoca si pensava che l’uomo fosse per natura egocentrico e razionale. Per questo bastava proporgli tanti prodotti diversi tra i quali poter scegliere in base ai propri gusti. L’indicatore del successo economico, il Pil, nasce da questi presupposti. Di recente, grazie ad autorevoli ricerche su grandi campioni della popolazione, si è visto che solo fino a un certo livello di ricchezza il Pil e la felicità crescono insieme. Superata una certa soglia, la ricchezza può anche continuare a crescere ma la felicità comincia a diminuire.

Quindi quello del PIL è un concetto da rivedere?
Due psicologi (Simon e Kahneman) sono stati insigniti del premio Nobel per l’Economia proprio perché hanno dimostrato scientificamente che la razionalità ha dei grossi limiti nei processi di scelta degli individui. Inoltre le neuroscienze dimostrano che l’appiattimento al concetto di egocentrismo non tiene conto del bisogno di attaccamento e di relazione, fortemente caratteristico della natura umana. Nel Bhutan (un piccolo stato a cavallo fra India e Cina) già dagli anni ’70 non si affidano più al Pil ma hanno adottato il Fil (Felicità interna lorda). Bisogna quindi arrivare a integrare il Pil con altri indicatori che riguardano la qualità della vita. Un processo che richiede passaggi culturali e politici importanti. La scienza del benessere può e deve portare il suo contributo. Il futuro degli psicologi è questo. Cambiare gli schemi culturali, con gradualità.

 

Mario Bertini è professore emerito di Psicologia della Salute all’Università La Sapienza di Roma, fondatore della Scuola di Specializzazione in Psicologia della Salute di Orvieto e presidente onorario dalla Sipsa (Società italiana psicologia della salute). Il suo ultimo libro è: “Psicologia della Salute” (Ed. Cortina Raffaello, 2012)

Il 28 giugno 2013 si svolgerà a Firenze (Palazzo Vecchio, Salone del 500) una Giornata sul tema “Oltre il PIL. Il contributo delle scienze per una nuova concezione economica e politica del benessere”, con ospiti, tra gli altri, il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, il sindaco di Firenze Matteo Renzi e Carol Ryff, direttore del dipartimento di Psicologia dell’Università del Wisconsin (USA).

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