Marc Jacobs - LaPresse
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“La notizia è che Marc Jacobs compie 50 anni”- Conversazione al telefono con Aurora, ore 23 – “Beh, invecchia anche lui, il principe dei fashiongay, la creatura all-american imposta dall’onnipotente Vogue America (leggi: la temibile Anna Wintour che l’ha teneramente allevato e protetto, se l’è anche portato a disintossicare da ogni droga pesante già nel ’99 ). Giovinotto fortunato: la sua collezione d’esordio, ancora studente della Parsons School of Design – fu acclamata: era nato un nuovo genio. Fra il grunge e lo street style. (Ma lo street style non l’aveva già inventato Dior negli anni ’50?!).”

In un periodo di crisi della moda americano con Donna Karan sparita, Calvin Klein che fa solo mutande, Tom Ford prestato all’Italia, si è trovato a rappresentare il sistema-moda americano, il più corporativo che ci sia. Quindi vietatissimo parlarne male. Cara la mia amica, qui ti si tronca la carriera onorata di storica della moda.

Però è astuto. Gli va riconosciuto: è riuscito a rilanciare un Vuitton che piace alle ragazzine. Chiama a collaborare tutta gente che è molto qualcuno. Gioca a fare avanguardia, mescolando artisti glamour con la moda. Poi se vai a guardare la sua  linea più pop, Marc by Marc Jacobs, non vedi nessuna differenza con H&M. Un’accozzaglia di abitini senza caratteristica alcuna. 

E’ un po’ il Damien Hirst della moda. Astuto e sostenuto da sistemi potenti e astuti. 

Lui veste quelle star dello star system senza idee di stile. (Infatti Lady Gaga va da Alexander Mc Queen). Dà i loro nomi, come Victoria Isobel Venetia, a delle borse carissime e orrende, matelassè con applicazioni di nani e casette, da far apparire sobrio il nostro Braccialini. Non accederà mai al mito, come le star sgallettate che veste. I veri grandi sono altrove. Infatti, chi sa compra ormai solo le Louis Vuitton nella versione storica, dove ancora un sentore di mito è rimasto attaccato.

Ti dicono che si ispiri agli Anni ’70, così noi pensiamo ad Yves Saint Laurent, David Bowie, Hair, la Deneuve. Invece sono andata a guardarmi la sfilata di Vuitton di questo inverno: tutto copiato di peso dall’edizione Vogue UK del ’72, con tessuti, tagli e fantasie identiche. E tristi.

“Si, ma a te piace, come personaggio? “”No, dai è orrendo. Ogni occasione è buona per farsi fotografare – pubblicità di profumi, borse, trucchi, tutto – ignudo con qualcosa che lo copre occasionalmente, tipo non te lo faccio vedere ma se insisti un minutino, casomai. Ora è fidanzato con un pornostar brasiliano 22enne dal talento spaventoso, il matrimonio con il bel Lorenzo è durato pochino, peccato, lui mi sembrava uno a posto….”

Ma mi dici agli Americani, che erano così puritani, che è capitato? Si è passati da Cary Grant e camere per sposi con lettini gemelli, al super trash alla Jersey Shore. Hanno spinto al massimo questa storia dell’apparire. Il cafone diventato stile. E loro non avevano neanche un minimo di anticorpi, come noi in Europa. Hanno tracimato. Corona sembra Gianni Agnelli, per come Marc Jacobs appare sul Red Carpet del Met. Guardati la foto, al braccio del suo pornostar, con l’abitino di pizzo traforato. Coi peli sulle gambe. Ti ricordi quando con Vianello faceva la mondina che lavora tutta la settimina? Loro sì, dei geni.

Cosa gli auguriamo per i suoi 50? Di invecchiare in saggezza, di mollare un po’. Ed iniziare a scalare con le esagerazioni, fidanzati inclusi, che la vita, gli auguriamo, sarà ancora lunga e, senza sorprese, insopportabile.

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