Meglio se non d’estate, meglio se non fa scappare i turisti. Chi voleva parlare di antimafia nella riviera Romagnola, per anni ha dovuto fare i conti con regole non scritte per evitare che si infangasse il nome delle città di mare. Rimini, Cesena, Cesenatico e Cervia: se paradiso del divertimento doveva essere, era meglio che di mafia e criminalità organizzata non si parlasse. 

Un clima di silenzio che ha rischiato di far sottovalutare un fenomeno ben presente nella regione. A raccontarlo sono i volontari di Gap, Gruppo Antimafia Pio La Torre, dal 2009 attivi a Rimini: “Per molto tempo – dice il vice presidente Davide Vittori – ci siamo sentiti ripetere: c’è il pericolo di infiltrazioni mafiose sul territorio. Rischio? Pericolo? Si tratta di una realtà dei fatti e il primo passo per trovare una soluzione è quello di riconoscere il problema”. Una resistenza che con il tempo si è allentata, ma che ha sempre avuto un’unica preoccupazione: “Ci dicevano che bisognava stare attenti a non infangare il nome delle città turistiche e far scappare i clienti. Ma non funziona così. Anche se si ignorano le notizie, prima o poi vengono fuori”.

I ragazzi di Gap, l’antimafia l’hanno conosciuta poco più che ventenni, quando d’estate hanno deciso di partecipare ad un campo di lavoro di LiberArci a Corleone. “Una volta tornati, abbiamo voluto dare il nostro contributo anche a casa, raccogliendo informazioni e cercando di sensibilizzare su alcuni temi specifici. Siamo volontari, e per prima cosa abbiamo cercato di fare informazione”. Ora l’obiettivo è quello di parlare di mafia e spiegare i suoi meccanismi ai cittadini. “E’ un lungo cammino di dialogo con la società civile. Piccoli passi che permettono di sensibilizzare sempre di più”.

Lo stesso dicono i presidi sul territorio di Libera Terra, l’associazione di Don Luigi Ciotti. Da Cesenatico, Marzia Misiani spiega: “Quello che finalmente anche le istituzioni hanno capito, è che non si tratta di infiltrazione, ma di vero e proprio radicamento della criminalità organizzata”. Il problema esiste, e loro, volontari con i banchetti e le bandiere colorate, cercano di spiegarlo da anni. Come quando a Cesenatico nel 2003 è partito il progetto per il riutilizzo di uno dei primi beni confiscati alla mafia, ex colonia destinata a fini sociali. “Si è pensato di trasformarlo in alloggi per persone diversamente abili e in spazi per accogliere associazioni che potessero animarlo soprattutto d’inverno. All’inizio a fare resistenza erano gli stessi commercianti locali”. Poi però le cose sono cambiante, a suon di dialogo e iniziative. Una maturazione lenta, di cui si rallegra Michael Boltini di Libera Rimini, presidio provinciale appena inaugurato. “Da tempo lavoriamo cercando di fare informazione con l’associazione “Vedo Sento Parlo”. Monitoriamo le attività locali, in passato era più difficile, ora comuni e amministrazioni hanno capito che conviene adoperarsi per prevenire e curare il fenomeno”.

 

Lezioni di impegno civico da persone che nella vita hanno altri lavori e timbrato il cartellino si ritrovano per parlare di tutela del territorio e protezione. Politica locale fatta dal basso che da anni prolifera in silenzio. A Ravenna, ad essere attivo è il Gruppo dello Zuccherificio con festival, inchieste e gruppi di approfondimento: “Avevo un’amica – racconta Massimo Manzoli – che mi aveva segnalato strane attività vicino a casa. Gente con i “macchinoni” venuta da non si sa bene dove. Così dopo il lavoro sono andato al bar del paese e ho cominciato a fare un po’ di domande. Da lì è cominciata la nostra indagine”. Era ottobre 2012, qualche mese prima della maxi operazione che ha portato a 29 arresti, 150 indagati, 120 perquisizioni e sequestri per 90 milioni di euro in tutto il Paese. Nell’occhio del ciclone il gioco d’azzardo e una fitta organizzazione malavitosa che faceva capo a Nicola “Rocco” Femia, boss residente in provincia di Ravenna. “Noi siamo semplici cittadini che tengono gli occhi aperti, avevamo visto la punta dell’iceberg. Quello che ci stupisce sono le dichiarazioni delle istituzioni, stupite e sconvolte. Ma se ce ne eravamo accorti noi che stava succedendo qualcosa di strano, come hanno potuto loro metterci così tanto?”. All’improvviso l’aria è cambiata. Eventi contro la mafia, iniziative e campagne di sensibilizzazione. Le istituzioni si sono svegliate e hanno trovato una società civile attenta che da anni presidiava il territorio. Ora sono pronti a lavorare insieme, nella speranza che non sia troppo tardi.

di Martina Castigliani

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