I rivoluzionari storicamente sono troppo impegnati a fare la rivoluzione per fermarsi a riflettere. Vale anche per i due grandi “rottamatori” e “sfasciatori” del nostro paese, Matteo Renzi e Beppe Grillo. Provate a tornare con la mente a sei mesi fa: tirava aria nuova a quei tempi, dappertutto proliferavano armi (dialettiche) di distruzione di massa della classe politica, vecchia, omofoba e sessista.

Belle epoque: spirava un vento di cambiamento vero e sincero, via i settantenni, largo a giovani, donne e rappresentanti della società civile, liquida e partecipativa. Finalmente si sarebbe voltato pagina e ci saremmo avvicinati a quei modelli virtuosi nord-europei di rappresentanza che tanto studiamo ed ammiriamo!

Poi ci sono state le elezioni, che sono andate come sappiamo. Ingovernabilità, tentativi di alleanze falliti, spettri di governi di larghe intese, ritorno al governo tecnico…Insomma, il classico teatrino da Prima e Seconda Repubblica. Poco male, ci siamo abituati. Alla fine, nella situazione di stallo, cosa abbiamo fatto? Ci siamo rivolti tutti al grande taumaturgo, il nostro amato Presidente della Repubblica, cui tutti dobbiamo riconoscenza eterna ma che a giugno compirà 88 anni, chiedendo che ci illuminasse la retta via. Tutto questo sforzo di rinnovamento, mi pare, ha prodotto solamente il classico topolino.

Poi il presidente, ragionando con la sua testa e la sua cultura, ha deciso di nominare i famosi 10 saggi. Vi saranno sembrati familiari, in quanto è da un pezzo che bazzicano la scena politica ed istituzionale italiana. Età media: 58 anni. Percentuale di rappresentanti di sesso femminile: 0%. Bel segno di rinnovamento, no? Così come leggere le prossime candidature al Quirinale: Franco Marini, 80 anni, Stefano Rodotà 80 anni…

Ora, valutazioni sulla scelta del presidente a parte, mi chiedo: se io assalto Fort Apache con le mie truppe cammellate e dopo tre giorni mi ritrovo respinto e con le mura della fortezza ulteriormente innalzate e consolidate, che faccio? Continuo alla cieca a menare fendenti oppure mi fermo e ripenso alla strategia? Magari studiando dove ho sbagliato ed eventuali correttivi da adottare?

Fare la rivoluzione non è mai facile, è evidente. Ed i nostri due eroi non spiccano propriamente per le proprie doti di autocritica. Ma quando il sistema che vuoi tentare di “sovvertire” ti risponde con difese immunitarie di questo tipo, le scelte sono due: o alzi sempre più la posta, essendo però certo di poter rispondere ad un livello di conflitto sempre più elevato, oppure cerchi delle strategie più raffinate per penetrare tra le fila nemiche e sparigliare le carte giocando sul campo avversario. Non sono certo che questa seconda elaborazione sia stata fatta dai due grandi innovatori della politica italiana. Ed è un peccato: perché dimostrano di ragionare proprio come quella classe di cui predicano l’estinzione.

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