Piazzato a Pasqua a far da cuscinetto tra l’importante Ginevra e il rampante Shanghai, il Salone dell’auto di New York, non è mai stato una stella di prima grandezza benchè sia un appuntamento storico. Ma interessante, certo, per capire dove vanno gli americani e quale sia oggi la loro idea di auto: da qualche tempo però sempre quella, una gran parata di Suv e una, pur meno tonica del solito, di muscle car.

Gli States, del resto, sono fatti per la maggior parte di “provincia”: grandi spazi, strade senza curve, nessun problema di parcheggio, poca ostentazione di mezzi ma tanto senso di praticità. Per questo, da decenni la più venduta da queste parti è la Ford F-150, flessibile pick up che con le sue infinite versioni accontenta tutti. Ha 4 ruote motrici, così se stai nel Nord Dakota non hai paura delle ghiacciate che arrivano da Canada e se sei un contadino dell’Ohio, oltre alla famiglia, c’è anche posto per una balla di fieno nel cassone. Poi, ci sono gli “Stati-esibizionisti”: motoristicamente, la California, il Nevada, la Florida battezzano da sempre tendenze e mode, vedi la recente diffusione delle rat-rod, esemplari dalle carrozzerie macilente che sotto le vecchie livree nascondono motori di ultima generazione: più arrugginite sono, meglio è. Ma la più diffusa e storica, certo, è ancora la moda dei cavalli stipati a centinaia sotto il cofano di carrozzerie muscolari e vistose.

La Corvette, icona inossidabile, riveduta per l’ennesima volta, la Viper, se si vuole restare in puro stile yankee, ma sappiamo che per Porsche, Ferrari il mercato Usa è fondamentale. Auto inutilmente veloci in un Paese dove il limite di velocità standard è di 55 miglia all’ora (88 km/h) con punta massima in certi rarissimi tratti a 75 (120 km/h) e dove anche l’ultimo baluardo della libertà, il Montana, dove vigeva la regola di una velocità “reasonable and prudent”, ha dovuto cedere alla legge dei limiti. Auto inopportunamente veloci, insomma, ma non inutilmente potenti: anche dove non si può correre, grossi motori e tanti cavalli soddisfano il bisogno molto americano di “zero-cento” da schiacciarti al sedile, quell’accelerazione che offre loro ancora un po’ di adrenalina e giustifica la patologica attenzione per le gare di dragster, che anche in tivù fanno ascolti record.

Ma fra pick up e “suvoni” grandi come un Ducato, quest’anno al Salone (www.autoshowny.com) una novità storica c’è: la Jeep di Marchionne, un altro tassello dello sbarco dell’ex Fabbrica Torino negli Usa. La nuova Cherokee, rivisitata nel segno Fiat dopo la sottomissione di Chrysler al capitale e al marketing torinese, come l’ad in maglioncino aveva annunciato alla fine dello scorso anno, va in scia alla produzione partita nell’impianto Chrysler di Toledo, Ohio.

Della vecchia Cherokee, che qui si chiamava Liberty ma che d’ora in poi si chiamerà come in Italia e sulle maglie della Juventus, la nuova Jeep ha… perso tutto. A cominciare dall’anima, che in un’auto è la sua forma e quel che rappresenta. Ha perso lo stile Jeep, cioè la rappresentazione di un’auto solida e pratica, volutamente squadrata e semplice, fatta, come si diceva, per la provincia americana. Oggi è un lezioso Suv di medie proporzioni con gli elementi estetici che vanno per la maggiore: linee tirate, fari sottili, angoli smussati e carattere illanguidito. Sembrerebbe inseguire, insomma, la Range Rover Evoque, capostipite di un nuovo modo di vedere quelli che un tempo si chiamavano fuoristrada. Ha perso, o quasi, anche la classica calandra con le sette feritoie, fino a ieri rigorosamente verticale e massiccia, che i designer hanno osato piegare e sagomare con una leziosa piega per accompagnare le linee della nuova carrozzeria. Riducendola quasi ad un fregio e facendo inorridire i puristi. È come se la Rolls Royce modificasse il suo tempio greco piazzato davanti al muso…

E una versione (sacrilegio!) sarà venduta perfino con la sola trazione anteriore, anche se non mancheranno versioni realmente fuoristradistiche con trazioni integrali e marce ridotte. In più, sotto lo stile europeo si cela un’auto italiana, cosa che gli americani dovrebbero cominciare ad apprezzare secondo i piani di Marchionne. Il suo pianale, infatti, è quello della Giulietta, appena modificato. Mentre i motori presentati sfruttano la tecnologia Fiat del MultiAir applicata a un 2.4 da 184 Cv e un V6 da 271 Cv. Questo per il mercato americano. In Italia arriverà con il solito diesel. E bisognerà aspettare fino al 2014.

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