Carlo Petrini, il calciatore maledetto che si reinventò (ottimo) investigatore e fustigatore per espiare le proprie colpe, lo aveva capito. E non solo lui. Donato “Denis” Bergamini, quel 18 novembre 1989 sulla statale 106 Jonica nei pressi di Roseto Capo Spulico, fu “suicidato”. Cioè ammazzato. Petrini, scomparso un anno fa, intuì che il ragazzo 27enne era già morto, quando un autocarro Fiat Iveco in transito gli passò sopra due volte, avanti e retromarcia. La versione ufficiale parlò di un Bergamini che, scattando dalla piazzola di sosta, si buttò sotto un camion dopo aver gridato “Ti lascio il mio cuore” alla (ex) fidanzata Isabella Internò, unica presenza certa al momento del decesso con l’allora 51enne Raffaele Pisano, il guidatore (tuttora in vita) del mezzo pesante. Bergamini avrebbe chiesto a Isabella di accompagnarlo in Brasile o alle Hawaii: di abbandonare con lui l’Italia, perché stanco di quel mondo.

La Internò si rifiutò, da qui il “gettarsi a pesce” sotto il camion. Se Petrini intuì la dinamica, sbagliò però il movente. Non un omicidio legato al calcioscommesse o al traffico di droga, ma un delitto passionale (d’onore?). Una “banale” morte privata. A questo sembra essere giunta la Procura di Castrovillari, che ha iscritto nel registro degli indagati alcune persone. Per omicidio volontario. Il caso, pieno di incongruenze, morti sospette (due magazzinieri-factotum del Cosenza che dicevano di sapere tutto: scomparsi il 3 giugno 1990 in un incidente stradale sulla stessa statale 106) ed errori marchiani, è stato riaperto due anni fa grazie alla tenacia della famiglia Bergamini e all’avvocato Eugenio Gallerani.

La sorella Donata, nei giorni scorsi, ha partecipato a Ferrara al sit-in in memoria e difesa di Federico Aldrovandi, il giovane ucciso nel 2005 da quattro poliziotti. In questi quasi 24 anni non tutti hanno dimenticato: non il programma Chi l’ha visto?, che si è sempre occupato della vicenda; non i tifosi del Cosenza, che a Bergamini hanno dedicato la Curva Sud dello stadio San Vito; non parenti ed amici. Troppi i dubbi. I vestiti del giocatore, subito bruciati nel-l’inceneritore vicino all’ospedale invece di essere restituiti ai familiari. Il comportamento della Internò, che prima di chiamare i soccorsi telefonò a Gigi Simoni (tecnico del Cosenza) e Francesco Marino (compagno di squadra). I rilievi non effettuati – o effettuati male – su camion e fondo stradale. La Maserati di Bergamini, che secondo Petrini sarebbe servita a trasportare droga tramite doppi fondi di cui neanche il calciatore era a conoscenza, lavata accuratamente il giorno dopo il suicidio/omicidio. E molto (troppo) altro ancora.

Adesso parte del supposto è ufficiale. Bergamini era già morto quando fu investito dall’autocarro per inscenare il finto suicidio. Lo attestava già del 1990 curata a Ferrara dal Professor Avato, ma misteriosamente non fu tenuta in considerazione. Come pure le scarpe e l’orologio di Bergamini, immacolate le prime e tuttora funzionante il secondo: non così sarebbe avvenuto, se il ragazzo fosse stato trascinato per 60 metri sull’asfalto.

Le testimonianze della (ex) fidanzata Internò paiono contraddittorie. Era legata a Bergamini sin da quando il ragazzo, ferrarese di Argenta, era approdato al Cosenza nel 1985. Maglia numero “8”. Nel luglio ’87 la Internò, appena maggiorenne, abortisce a Londra. Nell’estate 1988 Bergamini , fino a quel momento mediamente pagato, è corteggiato da alcune squadre di serie A (tra cui il Parma). Viene convinto a rimanere in B con il Cosenza, esigendo però eguale contratto. E’ bello, bravo, ricco . Desiderato. Michele Padovano, compagno di squadra e di camera il giorno del ritiro (e della morte), racconterà di un Denis sgomento dopo aver ricevuto una telefonata alle 15.30. Da quel ritiro, mentre il resto della squadra stava guardando un film al Cinema di Rende, Bergamini fuggirà – o verrà costretto a farlo – fino a Roseto Capo Spulico.

Teoricamente la destinazione doveva essere Taranto, da cui si sarebbe voluto imbarcare (con la Internò) per abbandonare l’Italia. Verrà invece ammazzato, forse con un’arma bianca. Non si sa da chi (ma il Procuratore sembra saperlo e a giorni i nomi saranno noti). Bergamini aveva da poco intrapreso una relazione con una donna diversa dalla Internò. Aveva informato Isabella, oggi sposata con un poliziotto che già conosceva all’epoca (“un amico di famiglia”). Perché, nonostante il rapporto finito, Denis era insieme alla Internò quel pomeriggio? Chi c’era con loro? Forse qualche risposta sta per arrivare.

Dal Fatto Quotidiano del 4 aprile 2013

SALVIMAIO

di Andrea Scanzi 12€ Acquista
Articolo Precedente

La lunga marcia dei diritti civili nell’America di Obama

next
Articolo Successivo

Litigi a 5 Stelle: Nik il Nero, Giovanni Favia e la fitta al bicipite

next