Ville a Cortina, appartamenti a Roma e Milano e perfino un castello a fronte di imposte non pagate e profitti girati alle Cayman. I pubblici ministeri di Milano Laura Pedio e Gaetano Ruta hanno chiuso le indagini per tredici indagati – l’accusa è per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi – tra cui Matteo, Vittorio, Diamante, Maria Rosaria Cristiana e Margherita della famiglia Marzotto, e Andrea Isabella e Rosanna della famiglia Donà Delle Rose.

Le indagini riguardano una presunta omessa dichiarazione dei redditi nata da una verifica fiscale fatta dall’Agenzia delle entrate e riguardano la vendita del marchio Valentino Fashion Group da parte dei Marzotto e Donà Delle Rose avvenuta nel 2008 al fondo Permira.Secondo l’accusa sarebbe stata realizzata una plusvalenza di 200 milioni di euro, ottenuta in Lussemburgo (attraverso la società Icg) senza pagare tasse per circa 65 milioni di euro.

Per questo a novembre scorso erano stati sequestrati degli immobili tra cui una villa a Cortina e alcune case a Roma. Da un nuovo calcolo la cifra però sarebbe salita da 65 a 71 milioni di euro. Nel decreto con cui il 5 novembrescorso era stato disposto il maxi sequestro preventivo il gip di Milano Gianfranco Criscione scriveva: “La IGC è stata creata nel giugno 2006 e, una volta venduta la partecipazione in VFG (Valentino Fashion Group, ndr) e ‘svuotata’ del corrispondente prezzo, è stata ceduta e posta in liquidazione nei primi mesi del 2009, dimostrando così come il suo utilizzo sia stato fin dal principio preordinato al trasferimento in Lussemburgo delle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni VFG omettendo così di dichiarare tale reddito in Italia”. 

Secondo l’ipotesi accusatoria un anno dopo l’operazione, nel 2008, Matteo Marzotto veniva nominato dal governo Berlusconi presidente dell’Enit, l’Agenzia Nazionale del Turismo, l’Ente che ha il compito di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica nazionale e di favorirne la commercializzazione subentrato con accresciute e più articolate missioni istituzionali ad una quasi centennale attività dell’Ente Nazionale Italiano per il Turismo. Nell’estate 2009 ne era diventato commissario.  “Attraverso le indagini svolte – spiegava una nota della Guardia di Finanza – è stato possibile individuare i luoghi in cui venivano effettivamente assunte le decisioni ed impartite le direttive sulla gestione della società di diritto lussemburghese. Le risultanze probatorie hanno permesso di riqualificare la holding come soggetto fiscalmente residente nel territorio nazionale con conseguente emersione dell’obbligo di denuncia al Fisco di una plusvalenza da cessione di partecipazioni”.  Secondo l’ipotesi della procura di Milano, nel 2007, quando Valentino Fashion Group fu venduta al fondo Permira, i proprietari della maggioranza relativa, appartenenti alle famiglie Marzotto e Donà dalle Rose, avevano prima venduto le loro quote alla Icg, che ha sede in Lussemburgo e di cui sono comunque sempre proprietari, e poi attraverso la Icg avevano concluso con il fondo l’operazione da 2,6 miliardi di euro, un vero e proprio record anche per l’epoca pre-crisi. I magistrati ipotizzano che si sia trattato di una esterovestizione, che ha avuto come effetto quello di non pagare le tasse in Italia.

L’inchiesta è nata da una segnalazione dell’Agenzia delle Entrate. L’intero profitto realizzato nell’affare Valentino Fashion Group, compresa la parte “guadagnata con l’evasione fiscale”, sarebbe poi stato trasferito alle isole Cayman. ”Ogni eventuale e residuo dubbio in ordine all’opportunità del sequestro, infine, è fugato dalle vicende successive al 16.05.07 – scriveva il gip Gianfranco Criscione nel decreto che aveva disposto il sequestro a novembre – che come s’è visto si sono sostanzialmente risolte nel trasferimento alle isole Cayman dell’intero profitto che la Igc realizzava nell’affare Valentino Fashion Group, ivi compresa la parte di tale profitto guadagnata con l’evasione fiscale in esame”.

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