Stamattina con i miei ragazzi festeggerò il compleanno del primo telefonino. Lo farò a scuola dove i vetusti regolamenti vietano l’uso del cellulare, pensando che quell’apparecchio serva ancora solo per parlare con una persona che sta da un’altra parte. Spegnerò le 40 candeline in un luogo dove secondo l’ultimo rapporto Ocse, l’Italia, per disponibilità di strumenti e tecnologie digitali nelle classi è al 27esimo posto, prima solo di Romania e Grecia.

Martin Cooper, l’inventore il 3 aprile del 1973 del primo cellulare, su “La Stampa” di martedì scorso spiegava: “Le nuove forme di comunicazione cambieranno il commercio, ma soprattutto la sanità e l’istruzione. I ragazzi non andranno più a scuola per studiare, ma per imparare a studiare sui nuovi strumenti, di cui l’iPad è solo il precursore: saranno molto più preparati e svegli di noi”.

Non ho dubbi. Forse li hanno invece le molte maestrine dalla penna rossa che guardano male chi apre un iPad in classe o chi digita su un iPhone per accedere ad un’informazione grazie ai motori di ricerca o per trovare un brano utile alla lezione di musica. Eppure il maestro non può sapere tutto: diffido sempre da chi pensa di essere onnisciente solo perché in cattedra.

Già oggi i miei allievi che adoperano il tablet sono più attenti alla vita, alla cronaca, sanno cosa accade attorno a loro e imparano a comprendere la realtà, molto più della mia generazione che ha dovuto imparare nel bel mezzo del cammino a usare prima il telefonino, poi il Commodore 64 e infine l’iPad o l’iPhone. Qualche giorno fa un mio alunno di 10 anni è sbarcato su Twitter, ancor prima che gli insegnassi come usarlo. Dopo pochi istanti, aveva già appreso la potenzialità del social network e stava già “seguendo” Antonio Saviano, Antonio Ingroia, Michelle e Barack Obama, Lorenzo Jovanotti, Papa Francesco, Mtv e Andrés Inesta. Non solo: aveva twittato al sindaco di Firenze (che non gli ha ancora risposto e chissà se risponderà) “@matteorenzi sono un bambino di 11 anni, sono interessato alla politica e vorrei conoscerti”.

E se domani mattina dovessi iniziare a insegnare ai miei ragazzi ad usare Twitter?

E’ quello che dovrebbe fare ogni docente e invece “nel 2011 solo il 30% degli studenti italiani – secondo l’Ocse – di terza media utilizzava le Ict come strumento di apprendimento durante le lezioni di scienze, rispetto ad una media del 48% in altri Paesi”.

Non ci resta che piangere o seguire le “raccomandazioni” dell’Ocse: mettere a disposizione più risorse, organizzare la formazione dei docenti in modo flessibile, sviluppare la piattaforma virtuale di scambio delle risorse digitali per gli insegnanti.

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