Non soltanto sul maxi compenso elargito all’ex calciatore Christian Vieri per la partecipazione al talent vip show Ballando con le stelle. Presto la Corte dei Conti di Roma potrebbe iniziare ad indagare anche su numerose altre spese folli della Rai. Ben più clamorose. I presunti sprechi della tv di Stato, raccolti in un lungo dossier, redatto dal Codacons e consegnato la scorsa settimana alla magistratura contabile, ammonterebbero ad oltre 60 milioni di euro. Tra questi, oltre ai 600mila euro per far danzare l’ex attaccante di Juve, Inter e Milan (ma la Rai dichiara di aver sborsato “soltanto” 450 mila euro), ci sono decine di programmi televisivi dimostratisi dei veri e propri flop, “chiusi dopo poche puntate” ma, arrivati a costare circa 1,5 milioni di euro ciascuno.

Come non ricordare, ad esempio, Balls of steel (Palle d’acciaio), mutuato dall’omonimo programma della tv inglese Channel 4, in onda nella primavera del 2007, con un costo di 1611 euro al minuto, a fronte di “un risultato di share descritto, dagli stessi dirigenti della rete, come ‘deludente’”, si legge nel dossier. Gli altri “successoni” sfornati, nello stesso periodo, da mamma Rai sono Wild West, costato 490mila euro a puntata e chiuso dopo la terza messa in onda, Stile Libero Max è costato alla Rai più di un milione e settecentomila euro, con uno share medio di 6,39%. E ancora Votantonio, costato ben 450 mila euro per ognuna delle tre puntate realizzate, per un totale di 1,35 milioni di euro “e, sorprendentemente, andato in onda una sola volta”. Poi, tra i vari flop, il Codacons si concentra sul talent show Star Academy, in qualche modo il simbolo dello spreco e della mancata trasparenza di Viale Mazzini nei confronti dei telespettatori. I quali, durante il programma, venivano invitati a mandare un sms (al costo di 1 euro) per votare il loro artista preferito. Ma la designazione del vincitore finale non avvenne mai, visto che (anche questo show) fu chiuso dopo tre puntate, rendendo così del tutto inutile il voto, a pagamento, dei telespettatori.

“Non è però il primo caso di indebito arricchimento delle somme corrisposte dagli utenti, senza aver poi adempiuto alla promessa”, sottolinea l’associazione dei consumatori, presieduta da Carlo Rienzi. E tanti altri flop ancora, “che oggi – fa notare – pare non siano stati da insegnamento per la Rai”. Nei mesi scorsi, per rilanciare il conduttore Francesco Facchinetti, viene infatti realizzato il format Rai Boh, scuola per aspiranti nuovi volti della tv, soppresso dopo appena una puntata: troppo pochi quei 343mila spettatori. Anche qui dunque un’“evidente ipotesi di danno al bilancio della rete, finanziato, come ben si conosce, in buona parte dal canone pagato dai cittadini-consumatori”. Tra gli sperperi della tv di Stato ci sono anche i compensi, per l’ospitata al Festival di Sanremo 2009, riconosciuti a Paolo Bonolis (1 milione) e Roberto Benigni; quelli ad Antonio Cassano e a Jennifer Lopez nell’edizione successiva (150mila al calciatore e 800mila alla cantante statunitense); “i cachet vertiginosi” di Antonella Clerici – che peraltro avrebbe fatto figurare, tra gli autori della Prova del cuoco, l’ex compagno Eddy Martens – e di Fabio Fazio (1,5 milioni a stagione per entrambi).

E suscita non poca indignazione che la Rai realizzi, in collaborazione con società esterne (tipo Endemol), trasmissioni di successo proprio come quella condotta da Fazio, Che tempo che fa, nonostante abbia tutte le risorse per realizzarle internamente. Scelta che determina ricadute economiche non da poco, “alla luce dei riscontri in termini di share e introiti pubblicitari”. Discorso simile per il personale: malgrado esistano risorse professionali interne, con contratti a tempo determinato e indeterminato (più di 3200 persone), collaboratori esterni (45mila in tutto), tutti “con altissime competenze”, Viale Mazzini continua a ricorrere ad ulteriori appalti esterni e maxi consulenze. In passato il Codacons ha inviato un elenco di dipendenti della rete di Stato, che risultavano percepire un regolare stipendio, pur non essendo utilizzati dall’azienda. C’è poi il sospetto che, dietro le società di produzione alla quale la Rai appalta circa l’80 per cento riprese televisive con troupes attrezzate (vere e proprie scatole cinesi), si nascondano legami parentali. Un esempio, citato dal Codacons, è stato quello della ‘Siri Video s.r.l. e della Euro Group Line Production s.r.l., due società di produzione che lavorano con la tv pubblica, entrambe riconducibili, tramite un nipote e la propria moglie, al signor Giuseppe Niglio.

Il dossier documenta infine anche l’episodio in cui un direttore di rete (radiofonica) propone ad un produttore di dividere con lui il compenso pagato dalla Rai per una produzione. “Il produttore incredulo tende una trappola al direttore e gli invia una mail fingendo di non aver capito di essere stato vittima di un tentativo di concussione. Nella mail – si legge ancora nel dossier – il produttore onesto chiede, come se non avesse ben compreso, come ripartire i 100mila euro del programma da produrre e che la Rai dovrà pagare, ‘7 a me 3 ad altri?’ chiede. Il direttore cade nella trappola e risponde: ‘ovviamente c’è un errore . A te 3. Fammi sapere’. Il produttore sdegnato rifiuta la gravissima proposta e, per tutta risposta, il direttore irridendolo gli dice: “Tanto c’è la fila fuori della mia porta per accettare”. Di questo episodio – conclude il Codacons – il diretto coinvolto fece racconto in ufficiale incontro con i vertici Rai. Quel direttore siede ancora al suo posto”.

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