Se nel 2009 Piero Fassino si era dimostrato scettico su un eventuale successo elettorale di Beppe Grillo, tanto da lanciargli l’ormai famosa sfida (“fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende”) c’è chi quel boom l’aveva invece pronosticato. Nel 2007 Michelangelo De Maio, uno studente della facoltà di Scienze della Comunicazione dell’università di Bologna, incuriosito dagli spettacoli comici – “seppur fortemente improntati sull’informazione” – di Beppe Grillo, comincia ad avvicinarsi con un approccio scientifico alla realtà dei Meetup e ai V-day. “Iniziai ad analizzare il fenomeno – racconta – e mi resi subito conto ad esempio come il blog di Grillo fosse molto più interessante di quanto non venisse percepito all’esterno”.

Alcuni degli strumenti utilizzati dal giovane universitario per studiare Grillo e i suoi sono: technorati.com – che già nel 2006 posizionava Grillo al 28esimo posto nella classifica dei blogger più influenti al mondo – e alexa.com, altro portale che analizza i siti di maggior successo e che stima beppegrillo.it tra i siti di informazione più cliccati in Italia: tra ottobre 2007 e febbraio 2008 beppegrillo.it arriva a superare le versioni online di alcuni quotidiani nazionali, come lastampa.it e ilsole24ore.com.

Michelangelo decide così di scrivere la sua tesi di laurea sperimentale proprio sul movimento del comico genovese, “partendo da un assunto teorico, secondo cui una fonte viene ritenuta maggiormente attendibile rispetto ad un’altra, se (semplicemente) viene cliccata di più”. Insomma l’informazione di un sito è più veritiera rispetto a quella di un altro in base (anche) al giudizio, all’opinione, della gente. Il titolo della tesi viene fuori perciò quasi da solo: “Quando l’informazione è un’opinione”. Ma la commissione esaminatrice non capisce appieno l’intuito di Michelangelo: “Piuttosto che chiedermi i dati, le cifre e le analisi svolte, con le quali asserivo che il movimento di Grillo sarebbe cresciuto ancora e avrebbe promosso altre iniziative (ndr, come quella delle 350 mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare)”, i professori si mostrano scettici, se non increduli.

E quando – con dati alla mano – Michelangelo azzarda ad ipotizzare quello scenario, che dopo cinque anni esatti diventerà realtà, e cioè che “il movimento di Grillo sarebbe potuto arrivare in Parlamento”, tra i docenti c’è pure chi si fa una risata, ricordandogli che Grillo è semplicemente un comico, un fenomeno del momento. Lui invece è convinto: “Per la tendenza continua e costante alla crescita e per le tematiche sociali portate avanti, ma che l’agenda dei media (ndr, l’impostazione per ordine di importanza data dai media ai principali argomenti) tende a marginalizzare”, il movimento amici di Beppe Grillo ha un potenziale enorme. E non stupirebbe se diventasse una forza politica di peso. Quella tesi sperimentale però, per i professori della facoltà di Scienze di Comunicazione dell’università di Bologna, non è nulla di che: merita soltanto 2 punti. “Provai molto imbarazzo – confessa Michelangelo – e ancora oggi, anche se so che avevo ragione, non ho un bel ricordo della tesi”.

Ma i docenti di Michelangelo non sono gli unici a non capire. “Volevo far conoscere in giro quel modello di comunicazione che creava una nuova forma di partecipazione politica e che quindi poteva essere un mezzo per raccogliere opinioni, per fissare anche dei programmi nuovi”. Il neolaureato decide quindi di inviare il suo studio alle segreterie dei principali partiti: “Pd, ma anche partiti di centrodestra”. Non importa lo schieramento, Michelangelo non vuole fare politica, cerca uno sbocco lavorativo. “Quello era un modello di comunicazione che funzionava” e quindi capirne esattamente le dinamiche potrebbe interessare ad alcuni politici (di professione). Naturalmente una risposta non è mai arrivata da nessuno, “non mi hanno minimamente calcolato”. Chissà quale sarebbe stato oggi lo scenario parlamentare, se ad esempio i vertici del Pd avessero dato una letta allo studio di quel giovane neolaureato…

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