Il dialogo tra sordi resta tale anche se trasmesso in streaming. Pubblicizzare un incontro in via teorica privato lo rende così irrituale da consegnarlo quasi a una finzione che impone l’ostentazione. Bersani più Bersani del solito, Crimi al quadrato e Lombardi al cubo. Novità fino a ieri impensabile, lo streaming politico è parso una parentesi didascalica in un mare magnum di non detto (lontano dalle telecamere) e molto immaginato (anche dalle parti di Beppe Grillo, che continua a sparare cannonate).

La scena ricordava quella di una commissione d’esame. A giudicare dall’età, quelli a sinistra dello schermo dovevano essere i professori, docente Bersani Pier Luigi e assistente Letta Enrico (accigliato come quasi tutti gli assistenti). Alla destra, gli esaminati. La prima della classe e il bamboccione. La politica italiana è però in pieno cortocircuito, al punto che gli esaminati sono gli esaminandi. E viceversa. Era Bersani l’uomo in attesa del voto. Fuoricorso e certo di non ricevere lodi.

Inedita la forma (streaming), scontata la trama (no alla fiducia). Incomunicabilità pressoché totale. Bersani ha messo in campo – cioè sul banco – tutto il politichese che aveva (“esigibile”) e indugiato sul ruolo del cane bastonato che mendica pietà. Forse senso dello Stato, forse masochismo, forse chiagni e fotti. La supercazzola è arrivata giusto alla fine dei 32 minuti: “Io vi rendo avvertiti, vi faccio avvertiti (?) che ritengo la cosa che sto dicendo la cosa realistica (??). Fuori da questo io vedo un meccanismo che, dal faremo e diremo (???), passeremo all’avremmo potuto (????)”. Parlava del presente, ma più che altro del futuro, anticipando una campagna elettorale in cui poter dire che lui – a differenza di altri – ci ha provato: “Solo un insano di mente potrebbe aver la fregola di governare in questo momento. Sono pronto a prendermi questa responsabilità enorme”.

Dall’altra parte, oltre le barricate dello stallo, la Lombardi era il poliziotto cattivo e Crimi quello buono. Bersani ha implorato un appoggio esterno. Crimi, in versione pacioccone, ha trattenuto a fatica il desiderio di un caritatevole: “Ma sì, Pigi, ci fai tenerezza e ti appoggiamo”. Forse stupito – per parafrasarlo – di quanto il leader Pd lo stesse tenendo sveglio senza consegnarlo al sonno di Morfeo, si è invece limitato a ripetere: “Qualora (le proposte a noi vicine) dovessero essere portate in aula, il nostro sostegno sarà pieno”.

 Letta – quello del “Meglio Berlusconi di Grillo” – guardava schifato, Bersani si accartocciava sopra il gomito destro. Ogni tanto, querula come una condanna compiaciuta, interveniva la Lombardi. La sbirra cattiva. “Ascoltandola mi sembrava di stare a una puntata di Ballarò. Sono 20 anni che sentiamo queste promesse. Noi non incontriamo le parti sociali perché noi siamo le parti sociali. Noi siamo quegli insani di mente perché abbiamo un progetto politico a 30 anni. E abbiamo la credibilità per farlo”. Se la supponenza fosse un albero, la Lombardi sarebbe la foresta del-l’Amazzonia (con nessuna Greenpeace disposta a difenderla).

L’unico punto d’incontro dello streaming ha coinciso con Ballarò. Il luogo dei sepolcri imbiancati. Della finzione. Del nulla. Bersani è stato chiaro: “Qua non è Ballarò, qua è una roba seria eh”. Parole da grillino ortodosso, che in molti condividono. Viene solo da chiedersi perché, se la stima di Bersani per Ballarò è questa, lui e il suo partito siano soliti svernare – da decenni – in quel salotto così amenamente frizzante.

Il Fatto Quotidiano, 28 Marzo 2013

 

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