Lo dico perché sono un iscritto. Perché nella mia agenda ho una tessera con un’immagine dell’artista Gaetano Porcasi con il volto di Falcone e Borsellino e la scritta: “Cgil. Legalità: una risposta per il lavoro e per il futuro”. Lo scrivo perché da lavoratore precario della Flc credevo fosse necessario essere in prima linea nella difesa della scuola come bene pubblico: credevo che quella tessera numero 824720 non fosse solo un pezzo di carta.  

Dove sono finite le organizzazioni sindacali? Perché la Cgil, la Cisl, la Uil che siedono volentieri ai tavoli con Pierluigi Bersani, non si accorgono che mentre gridano “al lupo al lupo”, i colleghi mi confidano: “Alex, il sindacato non serve più a nulla. Meglio non avere la tessera”. Nessuno ha riflettuto sul perché i lavoratori non partecipano più alle assemblee sindacali e agli scioperi nel mondo della scuola?

Mentre le organizzazioni sindacali perdono il loro tempo in direttivi provinciali, regionali, nazionali, segreterie, attivi (così li chiamano) dei delegati e chi più ne ha più ne metta, i lavoratori della scuola si sentono sempre più soli.

Ho sempre creduto alle parole di don Primo Mazzolari “Ci impegniamo noi e non gli altri” e io per primo, quando a mio parere (criticabile) il sindacato non ha fatto abbastanza, ho promosso uno sciopero della fame di cinque giorni sui gradini dell’ufficio scolastico provinciale (se l’avesse fatto un numero uno del sindacato almeno avrebbe mosso la politica). Ho discusso a lungo con alcuni appassionati dirigenti della Cgil che ogni giorno ascoltano con pazienza decine di lavoratori disperati. Ma poi mi sono accorto che il sindacato ha perso la partita proprio come i partiti: noi lavoratori, iscritti e non, ci sentiamo impotenti, ingranaggi di una giostra.  

Tra meno di un mese la scuola italiana subirà nuovamente la “somministrazione” (che brutto termine) dei test Invalsi o Vales (da quest’anno), “una delle più pesanti e progressivamente totalizzanti intrusioni nell’articolazione della scuola pubblica” come vi è scritto nel libro “I test invalsi contributi a una lettura critica”, in uscita in questi giorni a cura del Cesp e dei Cobas. I genitori non sanno che possono rifiutarsi di far fare ai loro figli questo quiz che crea solo ansia e angoscia nei bambini. I docenti non sanno che i collegi docenti possono esprimersi in merito.

E il sindacato chi l’ha visto? Forse dirà la sua il giorno dell’Invalsi per pura propaganda senza fare una vera azione di informazione per i lavoratori.

Intanto in una scuola della provincia di Cremona, il dirigente è stato costretto a chiedere ai genitori di portare a scuola la carta igienica da casa.

Tra meno di tre mesi circa 106 mila precari (dato 2011/2012)  perderanno il posto di lavoro e solo a settembre sapranno se saranno riassunti ma di loro meglio parlare solo quando le luci dei riflettori saranno puntate sui segretari di categoria di turno. A quel punto ancora una volta si sprecheranno le parole. Per ora meglio fare solo qualche presidio davanti al Miur o qualche tavolo.

Non c’è più tempo da perdere. Non è più la stagione di presidi e scioperi una tantum. Oggi i lavoratori non credono più, purtroppo, nel ruolo del sindacato. Stanno stracciando le tessere. Le organizzazioni sindacali devono ritornare ad essere credibili agli occhi del Paese. Abbiamo bisogno di azioni costanti e decise, di un sindacato che si rinnova, che non comunica attraverso comunicati stampa o documenti ma che si sporca i piedi e le mani tornando tra i banchi di scuola, occupando gli istituti  con i ragazzi, tornando a volantinare davanti alle scuole per informare, magari di una Camusso che fa al posto mio lo sciopero della fame invece dei pranzi con Mario Monti.

I dirigenti (così amano definirsi) abbandonino gli uffici, prendano ogni giorno a Villa Literno il treno regionale 12442 alle 4.37 che porta ogni mattina le colleghe a Roma per attendere “la chiamata” per un posto di lavoro. Solo allora capiranno e forse torneranno a fare il sindacato. 

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