E’ di 235 milioni di euro il primo rosso accusato dal gruppo Mediaset dalla sua quotazione in Borsa avvenuta nel 1996. Un dato decisamente peggiore delle attese degli analisti che si aspettavano una perdita tra i 40 e i 45 milioni contro l’utile di 225 milioni del 2011. Sull’andamento hanno influito svalutazioni e accantonamenti per 307,8 milioni senza le quali la perdita sarebbe stata di 47,2 milioni. 

Il polo televisivo della famiglia Berlusconi, quindi, non distribuirà alcun dividendo quest’anno, ma “guarda al futuro con buone prospettive di redditività”. Intanto, però, la holding di famiglia, Fininvest, resta a secco con probabili ripercussioni sulla cedola per i soci che era saltata sia nel 2012 che nel 2011, nonostante l’andamento positivo delle controllate con Cologno che aveva versato al socio una quarantina di milioni. A consolare il Cavaliere, quindi, resta solo Mediolanum, la rete di bancassicurazione che ha chiuso il 2012 con 351 milioni di utili, il miglior risultato della sua storia.

Tornando a Mediaset, in dettaglio i conti del 2012 hanno evidenziato ricavi in frenata del 12% a 3,720 miliardi, mentre il margine operativo lordo si è ridotto a 1,269 miliardi da 1,826 miliardi. In miglioramento, invece, il debito che è passato da 1,89 a 1,7 miliardi. Il 2013, poi, non promette meglio se Cologno Monzese parla di raccolta pubblicitaria in flessione sull’anno prima nei primi mesi dell’anno e in linea con l’ultimo trimestre del 2012, quando la frenata è stata a due cifre. In particolare l’Italia in gennaio ha registrato una flessione del 14,5% contro un calo medio del mercato del 16,1 per cento.

“Tuttavia i principali clienti e media buyers nei rispettivi Paesi (Italia e Spagna, ndr) – afferma Mediaset – trasferiscono sul mercato segnali di maggiore dinamicità e di stabilizzazione per la seconda parte dell’anno. In ogni caso, la scarsa visibilità e la situazione di incertezza e instabilità economica nei due Paesi  non consentono al momento di formulare previsioni attendibili circa l’evoluzione dei ricavi pubblicitari su base annua” e “in Italia il gruppo rimane focalizzato nell’implementazione del previsto piano di riduzione della spesa che decrescerà di 450 milioni di euro all’anno” entro il 2014.

I tagli effettuati nel 2012 hanno un controvalore “di oltre 300 milioni”. Quanto agli accantonamenti e alle svalutazioni, la società spiega che sono stati fatti per “adeguare al nuovo contesto i valori dei principali diritti sportivi e delle risorse artistiche“, mentre gli accantonamenti riguardano “oneri di ristrutturazione non ricorrenti”, cioè le somme necessarie per tagliare i contratti in essere. Il braccio di ferro con i sindacati è iniziato subito dopo le elezioni.

I dati, benché attesi, anche se in termini molto più ridotti della realtà, delineano una situazione piuttosto delicata per le attività nei media della famiglia Berlusconi nell’anno immediatamente successivo all’uscita dal governo del capofamiglia. Il 20 marzo scorso, infatti, l’altra corazzata, la Mondadori guidata dalla primogenita del leader del Pdl, Marina, ha annunciato un rosso di 167 milioni e nuovi tagli in arrivo. Entrambe le società, poi, in Borsa nell’ultimo anno hanno bruciato il 28% circa del loro valore. Ed entrambe non vedono certo rosa per il futuro.

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