Condannato per le tangenti al Psi, indagato per corruzione internazionale per le presunte mazzette versate dalla Saipem in Algeria, a sua volta a processo anche per le bustarelle in Nigeria. Eppure Paolo Scaroni, amministratore delegato dell’Eni, parteciperà all’incontro “L’Africa del futuro tra democrazia e sviluppo” alla Biennale Democrazia a Torino dall’11 al 14 aprile.

La sera di giovedì 11 aprile, insieme a importanti politici, discuterà dei progressi economici e democratici del continente. Ci saranno il ministro del Congo Bienvenu Okiemy, l’inviato speciale dell’Onu in Africa Romano Prodi, il primo ministro del Mozambico Alberto Vaquina e il vicepresidente dell’Angola Manuel Domingos Vicente che, come dichiarato da un portavoce dell’azienda durante la conferenza stampa, ha lavorato per una società legata all’Eni (la compagnia di Stato angolana Sonangol). L’evento rientra in un focus speciale sull’Africa organizzato dall’Eni proprio per la Biennale diretta dal presidente emerito della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky. In questa occasione Scaroni potrà spiegare al pubblico i modi in cui il colosso energetico italiano opera nel continente africano, modi che spesso hanno sollevato dei dubbi.

Di recente Scaroni è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Milano per l’affare che coinvolge la Saipem e la Eni in Algeria. Secondo l’ipotesi accusatoria Eni e Saipem avrebbero pagato a una società di Hong Kong quasi 200 milioni da distribuire a faccendieri, esponenti del governo algerino e ai manager dell’ente statale Sonatrach per ottenere concessioni e lavori. Inoltre è in corso al Tribunale di Milano il processo sulle presunte mazzette pagate da Snamprogetti (società del gruppo Eni, poi confluita in Saipem) tra il 2002 e il 2004 a politici e amministratori nigeriani per ottenere appalti. Nel procedimento l’unica imputata è proprio la Saipem, mentre le accuse contro cinque manager ed ex manager del gruppo sono cadute per la prescrizione. Inoltre negli anni Novanta Scaroni aveva patteggiato una condanna a un anno e quattro mesi per le tangenti versate dall’Enel al Partito socialista.

Abbastanza per sollevare dubbi sull’operato dell’azienda italiana all’estero, in particolare proprio l’Africa dove – come dichiarato dal responsabile comunicazione durante la conferenza stampa – l’Eni fa grossi affari: “Da lì traiamo la gran parte dei nostri proventi industriali e investiamo gran parte delle nostre risorse. Noi siamo il primo investitore internazionale in Africa. Circa il 60% della nostra produzione viene dall’Africa”.

E una scelta dubbia per la Biennale Democrazia presieduta da Zagrebelsky. Al fattoquotidiano.it il professore spiega che la questione “è totalmente irrilevante”: “Qui noi stiamo organizzando una cosa per il bene del Paese e non ci importa nulla da dove si viene. L’importante è che chi collabora con ‘Biennale Democrazia’ lo faccia gratuitamente. Basta con questa mentalità per cui tutto è corrotto perché ci sono radici poco chiare”. Eppure l’anno scorso, in occasione dell’anniversario delle stragi di mafia, l’evento prese straordinariamente il nome di “Biennale Legalità”. “Sono tutte supposizioni che impediscono di andare avanti – ha aggiunto – anche un corruttore internazionale, supponendo che sia così, che collabora a una buona iniziativa, collabora a una buona iniziativa. Fine”. 

di Andrea Giambartolomei, video di Cosimo Caridi

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