La speranza è l’ultima a morire per i tifosi dell’inciucio, quelli che non si rassegnano all’impossibilità di prorogare l’esperienza della “strana maggioranza trasversale”. Il Corriere della Sera spinge da giorni perché Pd e Pdl trovino un compromesso, possibilmente con un premier tecnico.

 Ernesto Galli della Loggia, di recente convertito sulla via del grillismo, quando c’era l’ipotesi di un sostegno esterno del M5S al Pd, dedica la prima pagina a seppellire Mario Monti (ormai non più necessario a un progetto trasversale Pd-Pdl):

 “Non vorrei apparire ingeneroso verso Mario Monti e i suoi ministri, impegnatisi in un compito certo non facile. Sta di fatto però che per oltre un anno tutti hanno potuto vedere come essi non siano riusciti in alcun modo ad accompagnare all’adozione di provvedimenti tecnici indispensabili, tecnicamente obbligati, l’idea che tali provvedimenti dovessero poi anche essere «venduti» politicamente ai cittadini (e perciò, ad esempio, comprendere forti indicazioni di equità sociale). Invece la democrazia – cioè il regime del suffragio universale e dell’«uomo della strada» – è precisamente questo: e lo è tanto più quando i tempi sono difficili e ai cittadini si chiedono sacrifici non indifferenti”.

 Secondo Galli della Loggia, quindi, il centro “ha mantenuto sì la propria rispettabilità, ma al prezzo non proprio insignificante di diventare un attore politico di terz’ordine”.

 E se il centro è un fallimento totale, l’unico modo per creare un governo è quello di alleare destra e sinistra. Ci pensa infatti Antonio Polito, sempre sul Corriere, a completare il ragionamento di Della Loggia: “Un sentiero più largo per Bersani, accettare il dialogo con la destra”.

Polito vuole un accordo esplicito, chiedendo un sostegno esterno al Pdl sul modello della non sfiducia del Pci al governo Andreotti nel 1976, approfittandone anche per una riforma istituzionale profonda “che renda l’Italia governabile”. Si tratta del “Santo Graal della politica” e pazienza se per ottenere questo tesoro bisognerà abbandonare la linea dura sul conflitto di interesse, “rinunciando alla puerile idea dei far fuori l’avversario appena eletto per la sesta volta cacciandolo ope legis dal Parlamento”.

Eugenio Scalfari, su Repubblica, non si rassegna all’ipotesi che Pier Luigi Bersani possa dover fare un passo indietro. Il giornale diretto da Ezio Mauro continua a sostenere il Pd e, pur tenendo una linea molto dura su Silvio Berlusconi e la sua ultima offensiva giudiziaria, pare disposto ad accettare qualche compromesso. Scalfari osserva che “gli interlocutori di Bersani per realizzare la prima tappa del suo faticoso percorso sono il movimento montiano di Scelta civica ed anche – per alcuni specifici punti – il MoVimento 5 Stelle. Le modifiche istituzionali e costituzionali includono anche il Pdl e la Lega e comprendono al primo posto una nuova legge elettorale”.

 Andare a nuove elezioni, sostiene Scalfari, sarebbe disastroso “per la nostra economia e la nostra credibilità internazionale”. Come dire: per evitare il peggio, si può anche arrivare a un compromesso con il Pdl e la Lega, se Beppe Grillo proprio non vuole collaborare.

 Sul Messaggero il giurista Pier Alberto Capotosti, molto vicino al Quirinale, nel suo editoriale domenicale spiega che Bersani “sa dunque che per risolvere il problema del governo deve avere opportuni contatti con tutte le altre forze politiche e con i soggetti rappresentativi della realtà socio-economica del Paese. E su questa strada si è già messo al lavoro”.

 La formula di Capotosti è chiara: appoggio esterno del Pdl a un governo Bersani “senza cioè entrare nella struttura di governo, ma solo discutendo nelle aule parlamentari i singoli provvedimenti. Non si tratta quindi di larghe intese, ma solo di una sorta di mini-intesa sulle linee programmatiche del governo”.

La prova che questi ragionamenti non siano solo auspici di autorevoli editorialisti domenicali sta nel titolo di prima pagina della Padania, il quotidiano della Lega Nord: “Fiducia soltanto a chi difende il Nord”. Nel dettaglio: “Il tempo è scaduto: qualsiasi nuovo governo dovrà necessariamente sbloccare il patto di stabilità e permettere agli enti locali virtuosi di pagare le aziende fornitrici. Altrimenti sarà la morte dell’economia”.

Logico corollario: se Bersani offre alla Lega questo punto programmatico considerato dirimente, potrebbe anche ottenere il sostegno (diretto o sotto forma di non sfiducia) da parte del Carroccio che, dopo aver conquistato tutta la Macro Regione del Nord, ora ha soltanto l’obiettivo pragmatico di far affluire quante più risorse possibili sull’asse Milano-Torino-Venezia.

 Il problema è che sul Giornale, affidabile termometro della temperatura nel Pdl, non si trovano grandi tracce di ottimismo sulla collaborazione con Bersani. Il titolone di apertura è “Voglia di voto”, mentre a Berlusconi viene attribuita la seguente linea: “Indecente la proposta di collaborare alle riforme mentre fanno il governo da soli”.

Giuliano Ferrara, nella sua invettiva della domenica, chiarisce qual è il punto: Bersani deve rompere ogni legame con “quattro mentecatti che vorrebbero dichiarare ineleggibile il principale uomo politico italiano degli ultimi vent’ani, i micromeghisti che passeggiano in piazza Santi Apostoli”. Prima di iniziate ogni dialogo con il Pdl, il Pd deve rinunciare a ogni ipotesi di legge sul conflitto di interessi, non votare l’ineleggibilità di Berlusconi (men che meno il suo eventuale arresto, casomai una Procura lo richiedesse). E poi, forse, si può iniziare a discutere, magari consegnando il Quirinale a un uomo non sgradito alla destra.

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