In attesa di Gaia, delle apocalissi, della democrazia della rete preconizzata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, dobbiamo accontentarci di quella che abbiamo. Il peggiore di tutti i sistemi tranne gli altri, come noto (dove tra gli altri, per il momento, dobbiamo includere la democrazia del web).

Beppe Grillo non ama il contraddittorio. Preferisce la modalità di comunicazione top-down, palco-pubblico. Che funziona bene quando dall’altra parte ci sono masse adoranti ed entusiaste, invece che capannelli di discussione. Ora se la prende dal suo blog contro gli “schizzi di merda” digitali che sarebbero i commenti che gli chiedono di sostenere il Pd, che sostengono che Pietro Grasso e Renato Schifani non sono la stessa cosa, che annunciano di smettere di votare 5 stelle e così via.

Poi il leader critica i media che scorrono i commenti, scelgono quelli più adatti alla tesi che devono sostenere e annunciano che “il popolo del web si spacca”. Su questo ha ragione. Perché i media non riescono (ancora) a raccontare la politica che passa per il web. Ma è stato anche lo stesso Grillo, che considera il web una divinità da venerare e non uno strumento, ad averli sobillati enfatizzando tanto spesso la democrazia della rete.

Gli errori che compiono i media sono dovuti agli stessi equivoci che spingono Grillo a considerarsi l’apice della democrazia dal basso invece che un leader monocratico.

1. Il popolo del web non esiste. Su Internet ci andiamo tutti. Tutti abbiamo un account Facebook, centinaia di migliaia di persone sono su Twitter. Quando i giornali parlano del “popolo del web” o quando Grillo parla della “Rete” dicono entrambi una cosa assurda. E’ come dire “il popolo della Metropolitana”, “le masse di tram”, “la classe dei pedoni”. Non c’è un particolare gruppo di italiani che frequenta Internet. E “la Rete” non esiste separatamente da coloro che la usano.

2. Le statistiche valgono anche in Rete. Ai giornali e alle tv piace molto lanciare “sondaggi” on line e poi presentarne i risultati come se fossero derivanti da sondaggi veri. Non hanno alcuna valenza statistica, i campioni non sono rappresentativi e non c’è lavoro sui dati. Grillo ha contribuito in modo rilevante a far passare l’idea che in rete valgano regole diverse che nel mondo reale (per esempio lui considera i suoi 30mila votanti a parlamentarie chiuse come un esempio migliore dei 3milioni alle primarie del Pd). Invece le regole sono le stesse. Se io urlo dalla finestra “Pensate che il movimento 5 stelle debba allearsi con Bersani?”, magari due passanti mi rispondono di sì, uno di no e uno tace. Ma non per questo posso dire che il 50 per cento degli italiani è a favore dell’alleanza Pd-M5S. Per le stesse ragioni non ci si può affidare ai commenti di un blog come termometro statistico.

3. Le orde di troll e quelle dei guerrieri della verità. Se un commentatore sostiene la tua tesi è un onesto cittadino che cerca di far trionfare la verità, se dice cose sgradevoli è un troll (che per i profani significa un commentatore che ha l’obiettivo di boicottare la discussione invece che contribuirvi). Questo schema mentale vale sia per Grillo che per i crociati anti-grillini che vedono dietro ogni critica un complotto dell’onnipotente azienda Casaleggio e associati. Per quel che vale la mia esperienza, molti commentatori ossessivi compulsivi che insultano gli altri e intasano di volgarità il nostro sito difendono Grillo e il M5S. Ma non saprei dire se sono orde di troll o di guerrieri del bene.

4. La Rete non ha un cervello. Quando i parlamentari grillini affermano “chiederemo alla rete chi votare come presidente della Repubblica” dicono, semplicemente, un’idiozia. Cosa pensereste di un deputato Pdl che dicesse “Chiederemo alla strada chi indicare”. O di uno del Pd che affermasse “faremo scegliere all’illuminato popolo dei giornali tra Prodi e Amato”? Direste che sono ingenui, ubriachi o in malafede. La Rete non ha un cervello, le consultazioni in web sono sempre meno democratiche di quelle “fisiche” perché è enormemente più facile alterarle. L’unico vantaggio che hanno è di essere potenzialmente aperte a tutti. E infatti Grillo, quando ha dovuto fare una consultazione virtuale con un effetto concreto (le parlamentarie), le ha chiuse il più possibile.

5. Ma le persone sì. Google ha imposto un nuovo paradigma: non è vero ciò che è vero ma ciò che la maggioranza pensa che sia vero. Il motore di ricerca non ti offre la risposta giusta, ma quella che pensa tu stia cercando sulla base delle richieste degli altri. Ma il fatto che molte persone siano convinte di qualcosa (tipo che la crisi è tutta colpa del Bilderberg, del signoraggio, degli ebrei, della Trilaterale, degli alieni, o che i vaccini fanno male e che abbiamo micorchip sotto pelle impiantati dalla Cia…) non significa che sia vero. Essere connessi non rende intelligenti. Ma avere a disposizione tutte le informazioni del mondo però toglie molti alibi agli stupidi, agli ignoranti, alle persone volgari.

6. I rappresentanti rappresentano. Quando il Movimento 5 stelle ha deciso di diventare un partito (e non dite di no, c’è anche lo statuto registrato dal notaio e ci sono i gruppi parlamentari) ha implicitamente accettato le regole della democrazia rappresentativa. Se io voglio sapere la posizione del Pd su qualcosa, ascolto Bersani oppure uno degli altri eletti o dirigenti titolati a parlare a nome del partito. Perché nella democrazia rappresentativa loro rappresentano, con tutte le approssimazioni che sappiamo, le idee di chi si riconosce nel centro sinistra. Ma se io chiedo qualcosa a un deputato del Movimento 5 stelle, quello di solito risponde citando “Beppe” oppure dice che decide la Rete o cose così. Non c’è altra informazione ufficiale che non i post del leader. E, non essendoci alcun processo decisionale esplicito, è impossibile avere informazioni se non dal sito. Ma se tutto passa da lì, come può stupirsi Grillo che i giornalisti considerino i commenti ai post più rilevanti delle dichiarazioni fumose dei suoi eletti?

E ora apro l’ombrello, perché mi pare di sentire le orde di troll in marcia verso questo post, pronte a sommergermi dei suddetti schizzi.

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