L’ultima volta che ho incontrato Antonio Manganelli è stato due mesi fa. Il dipartimento di Pubblica sicurezza del Viminale stava inaugurando i nuovi uffici per le Relazioni esterne, un ex convento a due passi dal ministero. C’era la stampa delle grandi occasioni, tutti quei colleghi che si occupano – nel bene e nel male – di polizia.

Il “Capo” si è fatto desiderare, lui che è sempre stato puntualissimo è arrivato con mezz’ora di ritardo. Ne eravamo stupiti. Poi è stato lui stesso a spiegarci perché: quella mattina era morto il pentito Antonino Calderone, l’uomo che, consegnandosi allo Stato, nel 1986 aveva affidato la sua famiglia proprio nelle mani di quel giovane funzionario di polizia che affiancava il giudice Falcone nella lotta alla mafia. “Da oggi avrai una moglie e tre figli”, aveva detto Calderone a Manganelli.

E così era stato: il funzionario, poi questore, poi vice capo, poi capo della polizia italiana non aveva mai disatteso a quella promessa e quella mattina, ricevuta la notizia della morte di Calderone, era voluto rimanere al fianco della famiglia. Quella mattina, in quell’ex convento, Manganelli ha sorriso, stretto mani, dato pacche sulle spalle a tutti noi.

Nella lealtà di un rapporto che è sempre stato schietto e sincero. Quando si è trattato di riconoscere i meriti della “sua” polizia e quando si è trattato di smascherarne le magagne o di denunciarne gli abusi. Antonio Manganelli era un grande poliziotto, ma aveva l’immensa fortuna di essere un uomo per bene. Generoso, attento, disponibile, leale. Un uomo che durante il G8 del 2001, quando i vertici del governo e del dipartimento decidevano di far massacrare i ragazzi di Genova, era in vacanza. Apposta o no, non lo sapremo mai.

Lui non ne ha mai voluto parlare. Ma è stato l’unico che ha avuto il coraggio di chiedere scusa a un Paese intero. L’unico che è rimasto al suo posto dopo la bufera giudiziaria che ha spazzato via le ombre e le botte di quei giorni da dimenticare. E non è un caso che sia stato proprio Manganelli, una volta diventato “capo”, a voler istituire la scuola per l’ordine pubblico di Nettuno. Perché la “sua” polizia non avrebbe dovuto aver niente a che fare con la mattanza di Genova. Questa era la sua volontà. Questo il desiderio di chiarezza di fronte ai cittadini e alla classe politica, cui non si stancava mai di ripetere che gli uomini in divisa non devono diventare il bersaglio di battaglie sociali che la stessa politica non vuole affrontare. Antonio Manganelli se n’è andato in punta di piedi, con quella pacca sulla spalla.

 

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